Le cose di Stifter

Stifter’s Dinge (Le cose di Stifter) di Heiner Goebbels – compositore e musicista tedesco, sperimentatore e creatore di installazioni tecno/performative – è una performance dedicata allo scrittore, poeta e pittore boemo di inizio Ottocento Adalbert Stifter. Stifter’s Dinge è – secondo le parole del compositore e regista tedesco – “una composizione per cinque pianoforti senza pianisti, una rappresentazione teatrale senza attori, una performance senza performer, in pratica un no-man show”. Le voci sono di William S. Burroughs, Malcolm X e Claude Lévi-Strauss, che racconta il suo piacere del viaggiare ma anche il suo desiderio di solitudine e la sua assoluta mancanza di fiducia nei confronti dell’uomo. Cinque amplificatori, cinque pianoforti disposti in verticale i cui martelletti sono guidati meccanicamente per produrre suoni, oppure rovesciati, aderenti a piastre di metallo, insieme a sacchetti di plastica che si riempiono con getti d’aria; e poi rulli, ventole, piatti, il tutto all’interno di una piattaforma che si muove avanzando impercettibilmente su rotaie verso il pubblico. In posizione ravvicinata rispetto al pubblico, tre vasche di eguali dimensioni che vengono riempite di sale e poi d’acqua. Impalpabili superfici che accolgono ombre, riflessi, parole, paesaggi mossi dalle vibrazioni acustiche. (Wolf Vostell) Un estratto di undici minuti della performance.

La vita impossibile

“Preservare completamente se stessi, conservando traccia di ogni istante, di ogni oggetto con cui abbiamo avuto a che fare”. Così scriveva Christian Boltanski all’inizio della sua carriera. Trent’anni dopo, l’artista ha concepito un’installazione murale con lo stesso titolo della sua prima esposizione personale e del suo primo film. Un gruppo di vetrine schermate da una griglia ospita numerose, svariate testimonianze della sua vita, tanto personali quanto insignificanti. Anziché contribuire alla esemplare descrizione di una vita, le spesso illeggibili tracce documentali testimoniano invece l’impossibilità di ricostruire qualsiasi vita. Sebbene scrupolosamente assemblati, tutti questi documenti non soddisfano affatto la memoria dell’essere. (Traduzione della targhetta al Centro Pompidou di Parigi, collezione permanente, di “La vie impossible de C.B.” – 2001)

Un pericolo pubblico: l’architetto

Dal preambolo al Codice deontologico dell’architetto: “La professione di Architetto (…) è espressione di cultura e tecnica che impone doveri nei confronti della Società, che storicamente ne ha riconosciuto il ruolo nelle trasformazioni fisiche del territorio, nella valorizzazione e conservazione dei paesaggi, naturali e urbani, del patrimonio storico e artistico e nella pianificazione della città e del territorio, nell’ambito delle rispettive competenze (…) Per poter svolgere al meglio il suo compito, il Professionista ha il dovere di conservare la propria autonomia di giudizio e di difenderla da condizionamenti esterni di qualunque natura. Con la sua firma, dichiara e rivendica la responsabilità, intellettuale e tecnica, della prestazione espressa.”

Amicizia

“Un amico è qualcuno che ti conosce molto bene e, nonostante questo, continua a frequentarti”. (Oscar Wilde)

Un anno dopo

Un anno di guerra: cade in queste ore il triste anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina. L’impensabile nel cuore dell’Europa. Quello che gli stessi Paesi confinanti non volevano credere e che gli Stati Uniti invece prevedevano come imminente si scatenò nella notte del 24 febbraio 2022. Doveva essere una guerra lampo, con un attacco su tre fronti per arrivare a prendere i palazzi del potere di Kiev, dove insediare un governo fantoccio guidato da Mosca. Ma la reazione ucraina e i cattivi piani del Cremlino hanno fatto sì che quel progetto fallisse e che dal previsto blitzkrieg si passasse al più tragico e sanguinoso conflitto accesosi nel Vecchio Continente dal 1945. L’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu ha conteggiato finora 8.006 civili morti e 13.287 feriti. I bambini uccisi sono 487 e 954 quelli feriti. Si tratta di dati sottostimati, perché l’Ucraina non fornisce cifre, principalmente per non deprimere il morale del Paese durante la resistenza all’aggressione (solo a Mariupol si parla di oltre diecimila vittime). (da Avvenire.it)

La realtà non esiste

“Non ci sono fatti, solo interpretazioni”. Contro il positivismo, per il quale ci sono solo fatti, Nietzsche replicava che no, i fatti proprio non esistono, esistono solo interpretazioni. Nessun fatto “in sé” è constatabile; sono constatabili solo fatti interpretati; e i fatti interpretati diventano spesso “fatti alternativi”, che a loro volta quasi sempre non sono fatti, ma falsità. Ne consegue, logicamente, che le verità coincidono sempre solo con il proprio comodo.

Il mostro della porta accanto

La prima cosa che può venire in mente a chiunque, eppure non viene in mente agli “addetti ai lavori”, è che una volta che si riesce a farsi considerare artisti su cui investire, perfino senza ragione o quasi, da quel momento in poi si può fare qualunque cosa e questa cosa sarà considerata una significativa opera d’arte su cui riversare sofisticate teorizzazioni estetiche, etiche e politiche. (Alfonso Berardinelli)

L’uomo di Porlock

Il “Kubla Khan”, o “Visione in sogno”, è un poemetto di Samuel Taylor Coleridge. Nel 1797, trovandosi in una casa di campagna tra Porlock e Linton, dopo aver assunto dell’oppio si addormentò e fece un sogno. Dopo essersi risvegliato iniziò a scrivere il poema ispirato dal sogno, ma venne interrotto dalla visita di un tale di Porlock. Questa interruzione gli fece però dimenticare il resto dei versi, così il poema non fu mai più completato.

Aura cercasi e non solo

La Gioconda su un foulard o l’incisione di un concerto di Ravel diretto dall’autore stesso e ogni giorno riascoltabile sono due esemplificazioni di quel fenomeno che Benjamin definisce la «perdita dell’aura» nell’epoca della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, ossia la perdita del «qui e ora» magico e unico che si fonde con la creazione artistica e la contraddistingue. Nel chiuso di un’automobile, ad esempio, mediante un mangianastri si può ascoltare quel concerto di Ravel al di fuori della sua unicità spazio-temporale, oggettivandolo e spersonificandolo. Nondimeno, la perdita del carisma insito nell’opera d’arte, «unica» eppure riprodotta, non è deplorata da Benjamin con quell’atteggiamento aristocratico che contraddistingue alcuni esponenti della Scuola di Francoforte. Egli collega infatti la «perdita dell’aura» nella società contemporanea all’irruzione delle masse sulla scena e alla loro richiesta di beni culturali che è giocoforza diventino merce. La riproduzione dell’opera d’arte in «sede impropria» non ne comporta una perdita di qualità, ma piuttosto una desacralizzazione, il che favorisce un’esperienza laica della cultura e ne sostituisce il valore rituale con un valore espositivo antiestetizzante. (Dalle note di copertina)