Cinema e pittura
“Shirley: Visions of Reality” è un film del 2013 diretto da Gustav Deutsch. Ogni scena riproduce un quadro del pittore americano Edward Hopper.
“Shirley: Visions of Reality” è un film del 2013 diretto da Gustav Deutsch. Ogni scena riproduce un quadro del pittore americano Edward Hopper.
Il 22 maggio è stata inaugurata a Venezia la 17ª Mostra Internazionale di Architettura, che proseguirà fino al novembre e ha per titolo: How will we live together? (Come vivremo insieme?). «Poniamo questa domanda agli architetti perché non siamo soddisfatti delle risposte offerte dalla politica», ha dichiarato il direttore Hashim Sarkis. L’impressione che se ne ricava è però che molti espositori abbiano usato la Biennale Architettura per presentare un proprio lavoro da artista e che la presenza degli artisti serva a presentare gli architetti come artisti.
Dal 14 marzo 2010 al 31 maggio 2010 Marina Abramovic, presso il MoMa di New York, ha presentato una performance artistica denominata The Artist is Present, in cui non faceva altro che stare seduta davanti ad una persona qualunque nel puro silenzio e senza muovere neanche un muscolo.
«La comprensione è soltanto un caso particolare del malinteso»: lo sosteneva il linguista Antoine Culioli, rovesciando il senso comune che vorrebbe che il malinteso fosse un’eccezione. E Claudio Lolli, riferendosi a sé stesso: «Come per tutti i raccontatori, il compito è quello di costruire un senso a qualcosa che senso non ha. Ad esempio, questo meraviglioso universo che tu vedi è però assolutamente privo di senso, così come le persone che lo abitano. Il racconto ti interpreta tutto ciò che di per sé diversamente non è interpretabile».
«Club 27 (anche 27 Club o Club of 27) è un’espressione giornalistica che si riferisce ad alcuni artisti, in prevalenza cantanti rock, morti all’età di 27 anni. Con la variante J27 si fa riferimento al fatto che, oltre ad avere 27 anni, molti di loro avessero la lettera J come iniziale del nome o del cognome.» (da Wikipedia) Insomma: una vera tragedia per l’arte mondiale del ventesimo secolo, e oltre.
Quarantacinque anni fa, il 2 novembre del 1975, all’Idroscalo di Ostia, fu ucciso Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore e regista nato nel 1922. Nella sua ultima intervista concessa poche ore prima di morire, disse: “Il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità. Che bello se mentre siamo qui a parlare qualcuno in cantina sta facendo i piani per farci fuori. È facile, è semplice, è la resistenza”. Pasolini, come sempre, più che mai attuale.
Per arrivare a paragonarsi a Janis Joplin – che con tutto il rispetto per la signora Nannini, appartiene davvero ad un altra categoria – bisogna avere un’alta opinione di sé stessi. Ma toccare miti fuori portata e ai nostri tempi irraggiungibili, può indurre in qualcuno antipatia e suscettibilità. Perciò il nostro modesto, un po’ scorbutico consiglio non richiesto sarebbe il seguente: «Anche meno eh…»
Per mezzo secolo, sempre più ossessionati dal valore delle cose, avevamo perso – fino alla devastazione del Covid – la memoria del valore dell’immaginazione e dell’economica semplicità del pensiero. Grazie o meglio per colpa dei social ci siamo sempre più presi sul serio, perdendo di vista la serietà del vivere. La banana di Cattelan, arte o non arte che sia, ci risveglia facendoci capire che è più importante prendere la vita sul serio, anziché solo e solamente noi stessi. (Francesco Bonami)
Esiste anche un uso meno ovvio, diciamo pure anomalo, della rete, che consiste nel cercare, non solo risposte alle nostre domande, ma domande inaspettate, che possono generare altre domande, portandoci ai libri attraverso strade impreviste. Si tratta di una strategia anomala, perché invece di evitare quello che nella lingua dell’informatica si chiama, se non erro, “rumore” ( noise ), lo cerca. Ci si inoltra a tentoni nel bosco elettronico senza sapere bene che cosa si stia cercando, per essere colti di sorpresa da qualcosa che non si aspetta. Ma qual è lo scopo di una strategia così tortuosa? La risposta è semplice. Trovare quello che si cerca, punto e basta, è troppo poco. Per contrastare quest’impulso bisogna dare spazio al caso, all’imprevedibile. La ricerca può essere fatta a tutti i livelli. Non mi stanco di ripeterlo: tartufi per tutti. I tartufi sono buoni, sono rari, sono cari: tartufi per tutti. (Carlo Ginzburg)
In molti casi il silenzio può essere equiparato al suono; a volte vale anche di più. Nel Novecento questa consapevolezza coinvolge tutte le forme d’arte. In musica, ad esempio, attraverso la Seconda scuola di Vienna, subentra con forza il silenzio. Che può diventare struttura e strumento, non solo nell’arte. Nel ventunesimo secolo tendiamo invece a dimenticarlo.