Il dito, la luna e il senso comune

Sarebbe insensato e frustrante tentare di stabilire con gli innumerevoli Crepet del nostro Paese (cit.: “chi ascolta musica trap diventa un drogato, uno che assume psicofarmaci”) una linea di comunicazione sul concetto di arte. Sappiamo infatti che non esiste una definizione assoluta, tutto e niente può essere arte. Tuttavia, se non si può definire cosa essa sia in positivo, Benedetto Croce, con il suo “Breviario di estetica”, ci soccorre in negativo: «Alla domanda su che cosa sia l’arte, io dirò subito, nel modo più semplice, che l’arte è visione o intuizione. L’artista produce un’immagine o fantasma; e colui che gusta l’arte volge l’occhio al punto che l’artista gli ha additato, guarda per lo spiraglio che colui gli ha aperto e riproduce in sé quell’immagine.» Questa risposta, aggiunge, «attinge insieme significato e forza da tutto ciò che essa implicitamente nega e da cui distingue l’arte.» Perciò indica subito le negazioni principali, quello che l’arte NON E’: 1) un fatto fisico; 2) un atto utilitario; 3) un atto morale; 4) una conoscenza concettuale. Fateci caso: proprio il contrario del cosiddetto “senso comune”, il quale, quando l’artista indica un punto, guarda sempre e solo da quelle parti lì.

La presunzione di sapere

Quando uno scrittore (o una scrittrice) comincia a scrivere per la prima volta, prova lo stesso brivido iniziale del successo assaporato dal giovane giocatore o dall’oboista: vincendo un po’ perdendo qualcosa, il giocatore d’azzardo intravede delle magnifiche possibilità, esattamente come il giovane oboista prova un brivido indescrivibile quando riesce a far suonare poche frasi come musica vera, frasi che implicano infinite possibilità di soddisfazione ed espressione personale. Fin quando l’uno e l’altro fanno ciò che fanno per divertimento, tutto sembra possibile. Ma quando viene il giorno in cui il nostri dilettante si mette in testa di diventare un professionista, egli si rende improvvisamente conto di quanto ci sia da imparare e di quanto poco sappia. (John Gardner)

La parola che manca

Scriveva Daniele Del Giudice: “E’ così comica quest’ultima incarnazione dello scrittore a fine secolo a casetta a fare un libro dietro l’altro!” senza più “nessun sentimento di precarietà e di rischio nella propria impresa narrativa”. Sono passati quasi 30 anni da queste parole e l’immagine di scrittori occupati solo a sfornare titoli uno via l’altro nella beata assenza di un dubbio, di un interrogarsi sul senso del proprio narrare, è tragicamente il pane quotidiano, e sempre più insipido. Forse, mi dico, fa parte della disperazione attuale in tutti i campi per il profondo nonsenso che avvertiamo e non solo nei confronti dell’arte, ma in generale nei confronti del cosiddetto vivere civile. Abbiamo dato per scontate la pace e la democrazia, per dire, e ci troviamo instabili e minacciati. (Sandra Petrignani)

L’inquietante genere umano

Ha scritto Gabriel García Márquez che tutti gli esseri umani hanno tre vite: una pubblica, una privata e una segreta. Si può sostenere che la personalità più o meno sincera e autentica di tutti noi scaturisce di volta in volta dal perenne conflitto tra queste vite diverse: dalla nostra capacità (o incapacità) di trovare un instabile compromesso interiore tra forze violentemente discordanti. Del resto, la storia e l’attualità rafforzano l’ipotesi che – di tanto in tanto – l’umanità sia dominata da impenetrabili forze oscure.

Etica pret-a-porter

È evidente che esiste una distinzione tra «etica universale – cioè il comportamento di una persona nei confronti di tutti coloro con cui intrattiene relazioni sociali o professionali – ed etica particolare, ovvero il comportamento di una persona nei confronti di chi gli è vicino, parenti e amici. Si presuppone che esista una coerenza fra questi due tipi di etica, ma di fatto spesso accade che si presenti una contraddizione sostanziale, contraddizione che ci impone di interrogarci: quale delle due etiche è più importante per noi? Quale consideriamo prioritaria?» (Eshkol Nevo) Naturalmente la domanda è retorica: di volta in volta, secondo il contesto, si apre l’armadio e si sceglie l’abito più adatto per l’occasione: quello più vantaggioso per sé stessi e per il proprio clan.

Andrà tutto bene. Forse.

Sindrome di Peter Pan è un’espressione utilizzata per la prima volta dallo psicologo Dan Kiley nel suo libro “The Peter Pan syndrome: men who have never grown up” del 1983, in cui parla del fenomeno per cui alcune persone si rifiutano di vivere come adulti rimanendo ancorati al mondo infantile, proprio come narra il racconto di Peter Pan. Questo fenomeno, conosciuto anche come neotenia psichica, può provocare grande disagio e difficoltà nella vita quotidiana.

L’arte del romanzo

È morto lo scrittore Milan Kundera, uno dei massimi rappresentanti del romanzo della fine del Novecento. Si è spento a 94 anni ieri a Parigi, dove si era trasferito dal 1975. Aveva ottenuto la cittadinanza francese nel 1981. Era nato a Brno, il 1 aprile 1929. Il suo primo grande successo fu “Lo scherzo”, del 1967. Seguito da “Il valzer degli addii”, quindi nel 1984 dal successo planetario de “L’insostenibile leggerezza dell’essere”. (ANSA)

Sugli Altopiani Scozzesi

Le Highlands scozzesi (in gaelico scozzese A’ Ghàidhealtachd, “la terra dei Gaeli”; in lingua scozzese the Hielands ovvero “gli Altipiani”) sono la regione montuosa della Scozia, posta a nord e ad ovest del Regno Unito. Esse sono comunemente descritte come una delle più belle e scenografiche regioni dell’Europa. (da Wikipedia) “My heart’s in the Highlands” è un poema scritta dal poeta e compositore scozzese Robert Burns (1759 – 1796) adattandola alla ballata tradizionale “Failte na Miosg”. Arvo Pärt lo ha arrangiato per organo e voce.

San Giorgio con lucertole

I movimenti complottisti condividono molte caratteristiche con quelli religiosi: nei sostenitori di tali teorie troviamo una sorta di fede incondizionata nelle proprie convinzioni, le quali non possono essere confutate, dal momento che ogni azione per dimostrarne la falsità si trasforma nella prova dell’esistenza di un qualcosa di nascosto. Molto importante il ruolo rivestito dai social network, e in generale da Internet, i quali hanno assunto nel tempo un’importanza sempre maggiore per la circolazione di idee. Esistono molti siti web, blog e pagine social dedicate a questi temi ma il traffico che le frequenta è costituito per quasi la totalità da persone che già sostengono le teorie in questione. Ci si troverà quasi sempre all’interno delle cosiddette echo chambers (camere dell’eco), spazi virtuali creati sulle piattaforme social dall’algoritmo in cui l’utente si trova ad interagire maggiormente con altri individui che condividono le sue stesse posizioni. (dalla tesi di Laurea di Gianmaria Brizzi – Università degli Studi di Padova, 2022)

Il bene, il male

Buona parte dei viventi non si cura di definire il “bene”. In che cosa consiste, il bene? A chi lo si fa? Chi lo fa? Esiste un bene comune, applicabile a ogni uomo, a ogni razza, a ogni circostanza? Oppure il mio bene è il tuo male, e il bene del mio popolo il male del tuo? È eterno, il bene, immutabile, o forse quello che ieri era bene oggi diventa vizio, e il male di ieri è il bene di oggi? (Vasilij Grossman)