La remissività è una colpa

Rispetto al secolo scorso, nel nuovo millennio sono specialmente mutate la posizione che la letteratura occupa nella società e l’uso che della letteratura stessa fanno gli attori sociali: per milioni di lettori, niente più che un passatempo. C’è tuttavia contraddizione tra i parametri di profondità e serietà delle opere di cultura e la dimensione di superficialità e leggerezza che siamo soliti attribuire allo svago. Per esempio: la grande letteratura moderna si è spesso distinta per i propri attacchi alle magagne dell’individualità e della società borghese. Ma può un passatempo dire di no? E cosa resta, oggi, di quell’individuo, e delle sue magagne? (Gianluigi Simonetti)

Il tuo dolore è il mio dolore

Dal blog di Paolo Nori: “Ieri, a Libri Come ho detto che per chi, come me, è innamorato della Russia, della sua lingua straordinaria, della sua straordinaria letteratura, è stato un anno molto doloroso, reso ancora più doloroso dal fatto che il nostro dolore, rispetto al dolore vero scatenato da questa guerra orribile, non è niente, è un dolore insignificante, non vale, non conta. Alla fine un signore mi si è avvicinato mi ha detto, in russo, Ваша боль – моя боль, Il tuo dolore è il mio dolore.”

La realtà non esiste

“Non ci sono fatti, solo interpretazioni”. Contro il positivismo, per il quale ci sono solo fatti, Nietzsche replicava che no, i fatti proprio non esistono, esistono solo interpretazioni. Nessun fatto “in sé” è constatabile; sono constatabili solo fatti interpretati; e i fatti interpretati diventano spesso “fatti alternativi”, che a loro volta quasi sempre non sono fatti, ma falsità. Ne consegue, logicamente, che le verità coincidono sempre solo con il proprio comodo.

Il dubbio e la spocchia

Come ci dice anche l’ultimo rapporto del Censis, “è la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani”. “Non siamo più disposti a fare sacrifici”, siamo alla spasmodica ricerca di “immunizzazioni dai rischi”, sprofondati quasi in un clima da “grande disillusione”, tutte parole dello stesso rapporto Censis, che non soltanto indicano la distanza degli italiani dallo spirito del Natale, ma inducono prepotentemente una domanda: davvero siamo ridotti così? E, se sì, come è stato possibile? (Sergio Belardinelli)

Meritevole sarà lei!

Dice il professor Valditara che non riesce a capacitarsi delle critiche suscitate dalla nuova denominazione del suo dicastero: il Ministero dell’Istruzione e del Merito. Ma come? — si chiede — com’è possibile che sia bastato aggiungere la parola “merito” per scatenare questa polemica? Naturalmente il nuovo governo Meloni sa bene quello che fa, certi “intellettuali” sembra invece di no. Forse Thomas Mann può aiutarli a capire quale sia la vera posta in gioco. Ammesso che non l’abbiano davvero intuito.

Una nebbia veramente “enorme”

Si intitola “Il mistero Moby Prince” il film documentario di Salvatore Gulisano che ricostruisce la dinamica del disastro avvenuto il 10 aprile 1991 e nel quale morirono 140 persone, andato in onda giovedì 20 ottobre in prima serata su Rai2 e ora visibile su Raiplay. Tutto si svolse come sempre. Colpa di una nebbia fittissima, dissero tutti i responsabili coinvolti; ma l’unica vera nebbia, come al solito, è quella dei consueti depistaggi. Come ha chiarito la commissione parlamentare d’inchiesta presentando la sua relazione finale il 15 settembre 2022, infatti: “non vi era nebbia di fronte al porto di Livorno nella notte del 10 aprile 1991”.

Di struzzi e altri animali

La libertà è figlia della responsabilità, la quale non è senso del dovere o ubbidienza a regole imposte, ma comportamento volontario dettato dalla consapevolezza delle conseguenze. Responsabilità deriva da “respondere”, cioè impegnarsi a rispondere, a sé e all’altro, delle proprie scelte. Per questo la responsabilità è il fondamento della cura, passaggio difficile e non certo indolore dal dominio del “solo io” alla convivenza del “noi”. (Vittorio Lingiardi)

Il riflesso dell’orologio

Se la condizione della letteratura contemporanea è tutt’altro che rosea, un motivo ci sarà; forse va ricercato nel concetto che artisti e letterati hanno di se stessi. Se la maggior parte delle nuove scritture non afferra la realtà del presente in modo autentico e risolutivo – anzi non ci prova nemmeno – è soprattutto perché essa è troppo impegnata a specchiarsi opportunisticamente in se stessa. Per fornire prodotti “ben confezionati” da piazzare sul mercato dei facili consumi e costumi culturali, si lascia troppo spesso portare dagli eventi, come un bastoncino di legno trasportato dalla corrente, anziché operare per determinarli.

Il falò delle verità

L’Accademia è quel posto dove politici, scrittori, architetti si parlano tra loro e si convincono di essere i migliori del mondo. «Quando costruisci una realtà parallela, finisci per crederci. Putin è vittima della sua stessa propaganda. Perché dopo un po’ non ti rendi più conto che la propaganda è menzogna. Rinunci a esplorare il terreno, e ti chiudi nell’Accademia di cui parlavamo, quella in cui tutti si danno ragione» (Renzo Piano). Ovviamente il ragionamento non vale solo per il presidente russo, ma anche per chiunque ritenga di portarsi una volta per tutte la sua verità in tasca.

Malvolio in TV

In certi casi invocare la complessità non è nient’altro che ipocrisia. Invocare poi «l’analisi della complessità» in un talk-show televisivo – dove per definizione domina la semplificazione imposta dai tempi, dal contesto e dal pubblico – è addirittura stupido. Oppure strumentale.