San Giorgio con lucertole

I movimenti complottisti condividono molte caratteristiche con quelli religiosi: nei sostenitori di tali teorie troviamo una sorta di fede incondizionata nelle proprie convinzioni, le quali non possono essere confutate, dal momento che ogni azione per dimostrarne la falsità si trasforma nella prova dell’esistenza di un qualcosa di nascosto. Molto importante il ruolo rivestito dai social network, e in generale da Internet, i quali hanno assunto nel tempo un’importanza sempre maggiore per la circolazione di idee. Esistono molti siti web, blog e pagine social dedicate a questi temi ma il traffico che le frequenta è costituito per quasi la totalità da persone che già sostengono le teorie in questione. Ci si troverà quasi sempre all’interno delle cosiddette echo chambers (camere dell’eco), spazi virtuali creati sulle piattaforme social dall’algoritmo in cui l’utente si trova ad interagire maggiormente con altri individui che condividono le sue stesse posizioni. (dalla tesi di Laurea di Gianmaria Brizzi – Università degli Studi di Padova, 2022)

Bona lè!

Dopo ogni evento atmosferico o ambientale avverso, tocca sentire la solita solfa: «Ahi ahi ahi stiamo consegnando ai nostri figli un mondo peggiore di quello che ci avevano lasciato i nostri genitori, che pure uscivano da un conflitto mondiale:… dove ha sbagliato la nostra generazione…? ahi ahi…» Ma adesso è davvero giunta l’ora di dire una buona volta: “Bona lé!” (che in dialetto bolognese poi significa: “Adesso basta!)

Tartufi

Morale e moralismo non sono la stessa cosa. La persona davvero morale difende l’importanza di certi valori, cerca di uniformare ad essi il PROPRIO comportamento e si sente chiamato a risponderne. Il moralista, invece, invoca una moralità vaga e sclerotizzata che riguarda soprattutto gli altri: la cosiddetta “società”, di cui in fondo ha paura e da cui cerca di proteggersi tentando di normalizzarla con parametri personali.

Amicizia

“Un amico è qualcuno che ti conosce molto bene e, nonostante questo, continua a frequentarti”. (Oscar Wilde)

Il mostro della porta accanto

La prima cosa che può venire in mente a chiunque, eppure non viene in mente agli “addetti ai lavori”, è che una volta che si riesce a farsi considerare artisti su cui investire, perfino senza ragione o quasi, da quel momento in poi si può fare qualunque cosa e questa cosa sarà considerata una significativa opera d’arte su cui riversare sofisticate teorizzazioni estetiche, etiche e politiche. (Alfonso Berardinelli)

Aura cercasi e non solo

La Gioconda su un foulard o l’incisione di un concerto di Ravel diretto dall’autore stesso e ogni giorno riascoltabile sono due esemplificazioni di quel fenomeno che Benjamin definisce la «perdita dell’aura» nell’epoca della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, ossia la perdita del «qui e ora» magico e unico che si fonde con la creazione artistica e la contraddistingue. Nel chiuso di un’automobile, ad esempio, mediante un mangianastri si può ascoltare quel concerto di Ravel al di fuori della sua unicità spazio-temporale, oggettivandolo e spersonificandolo. Nondimeno, la perdita del carisma insito nell’opera d’arte, «unica» eppure riprodotta, non è deplorata da Benjamin con quell’atteggiamento aristocratico che contraddistingue alcuni esponenti della Scuola di Francoforte. Egli collega infatti la «perdita dell’aura» nella società contemporanea all’irruzione delle masse sulla scena e alla loro richiesta di beni culturali che è giocoforza diventino merce. La riproduzione dell’opera d’arte in «sede impropria» non ne comporta una perdita di qualità, ma piuttosto una desacralizzazione, il che favorisce un’esperienza laica della cultura e ne sostituisce il valore rituale con un valore espositivo antiestetizzante. (Dalle note di copertina)

Nonni italiani brava gente

“Famiglie! Vi odio! Focolari chiusi; porte serrate; geloso possesso della felicità”. È l’invettiva di André Gide, premio Nobel per la letteratura nel 1947, in “I nutrimenti terrestri”. Ma Gide ha scritto anche: “Credi in coloro che cercano la verità. Dubita di coloro che la trovano”. Il concetto di familismo amorale è stato introdotto da Edward C. Banfield nel 1958 per cercare di capire perché alcune comunità siano socialmente ed economicamente arretrate. Familismo perché l’individuo persegue solo l’interesse della propria famiglia nucleare, e mai quello della comunità che richiede cooperazione tra non consanguinei; a-morale perché si applicano le categorie di bene e di male solo tra familiari, e non verso gli altri individui della comunità.

Dieci cavalli bianchi

Titolo a cinque colonne: «Sandro Veronesi: “La mia sfida per rendere il cashmere democratico”» L’articolo inizia così: «”Quando siamo partiti il nostro sogno era mettere un computer su ogni tavolo, ha detto il fondatore di Microsoft; il mio è dare a ogni italiano almeno un maglioncino di cashmere”. Sandro Veronesi, il presidente del Gruppo Calzedonia, cita Bill Gates ma veste alla Steve Jobs: con un dolcevita nero firmato Falconeri, brand acquisito nel 2009 con un ambizioso obiettivo: più cashmere per tutti.» (Eva Grippa – la Repubblica,18 novembre 2022)

Amplificatori di boiate

Distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da situazioni scomode e aprire nuovi fronti di interesse più gestibili mediaticamente: l’effetto di questa abitudine consolidata da parte degli attori coinvolti è quello di disorientare l’opinione pubblica. La volatilità e la contraddittorietà dei messaggi sono le note distintive e dominanti del circuito mediatico dei nostri tempi. Obiettivo? La discrezionalità sull’agenda dei temi da sottoporre alla pubblica (dis)attenzione.

Una nebbia veramente “enorme”

Si intitola “Il mistero Moby Prince” il film documentario di Salvatore Gulisano che ricostruisce la dinamica del disastro avvenuto il 10 aprile 1991 e nel quale morirono 140 persone, andato in onda giovedì 20 ottobre in prima serata su Rai2 e ora visibile su Raiplay. Tutto si svolse come sempre. Colpa di una nebbia fittissima, dissero tutti i responsabili coinvolti; ma l’unica vera nebbia, come al solito, è quella dei consueti depistaggi. Come ha chiarito la commissione parlamentare d’inchiesta presentando la sua relazione finale il 15 settembre 2022, infatti: “non vi era nebbia di fronte al porto di Livorno nella notte del 10 aprile 1991”.