In Italia per usare un eufemismo abbiamo scarsa propensione alla lettura; al contrario e paradossalmente, a quanto pare è invece molto alta la nostra inclinazione alla scrittura. Secondo i dati ISTAT, infatti, nel 2019 sono stati pubblicati in media 237 libri al giorno, quasi 1,3 libri ogni mille abitanti; di questi, due terzi sono novità (58,4%) e nuove edizioni (8,5%). Il 40,0% della popolazione di 6 anni e più legge almeno un libro all’anno. Nel 2019, poco meno della metà dei lettori (44,3%) dichiara di aver letto al più tre libri nei 12 mesi precedenti l’intervista; si tratta dei cosiddetti “lettori deboli”, tra i quali si ritrovano poco meno della metà dei lettori maschi (47,4%) e delle persone tra 11 e 14 anni (47,0%). Il 15,6% si annovera tra i “lettori forti” (con almeno 12 libri letti nell’ultimo anno), valore in aumento di 1,2 punti percentuali rispetto al 2018. Nove editori su dieci avevano previsto per il 2020 una perdita consistente del proprio fatturato rispetto all’anno precedente.
Pensare che nel 2014 il ministro Dario Franceschini ha nominato Romano Montroni alla presidenza del Centro per il Libro e la Lettura (Cepell): l’istituto autonomo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo che ha il compito di divulgare e di promuovere il libro, la cultura e gli autori nazionali. Ciononostante c’è ancora chi accusa la nostra classe politica e il nostro Parlamento di una generica “diserzione intellettuale e morale”, di meschina furbizia; addirittura qualcuno parla di “pusillanimità della politica”, di fuga e diserzione dalle proprie responsabilità quando esse non siano vantaggiose per loro stessi.
Qualcuno afferma addirittura che proprio qui si troverebbe l’origine di tutto il disamore, della terribile indifferenza di milioni di persone che da troppo tempo non trovano chi dovrebbe adeguatamente rappresentarli. Per fare un esempio: lo scorso 3 e 4 ottobre si sono tenute elezioni comunali in 1.340 comuni; al primo turno ha votato il 52,67% dei cittadini; ai ballottaggi invece l’affluenza è stata del 43,94% cioè molto meno della metà degli elettori. Un segnale forte e chiaro! Ricevuto?
Pare proprio di no. Per rimanere al nostro tema, chiediamoci ad esempio: quali sono state in quest’ultimo anno le iniziative della nostra classe politica per diffondere il libro, la cultura e gli autori nazionali? Abbiamo forse avuto attività concrete per promuovere la conoscenza della grande letteratura classica greca e latina? Oppure magari altre per raccomandare la frequentazione e la diffusione delle grandi opere di Proust, Musil, Tolstoj, Dostoevskij, Flaubert, Dickens, Manzoni, Baudelaire, Hemingway e chi più ne ha più ne metta…!? Non ci pare. A giudicare dal numero di pubblicazioni del 2021, la principale attività di molti politici italiani, più che essere concentrata sulla disinteressata promozione della lettura, sembra lo sia stata soprattutto sulla scrittura dei loro nuovi libri, tempestivamente pubblicati.
In ordine alfabetico: Lucia Azzolina, Stefano Bonaccini, Rocco Casalino, Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Maurizio Gasparri, Enrico Letta, Giorgia Meloni, Romano Prodi, Virginia Saba (fidanzata di Di Maio, N.d.R.), Vincenzo Spadafora, Danilo Toninelli, Walter Weltroni, Luca Zaia, Alessandro Zan, e probabilmente altri di cui non abbiamo ancora avuto notizia, hanno ritenuto importante fornirci la loro nuova (prima, ennesima o ultima) opera letteraria, insomma il libro importante che ritenevano mancasse. Uno di loro ha anche aggiunto: «Scriverlo non è stata una passeggiata di salute.» «Neanche leggerlo», gli ha risposto Alessandro Trocino sul Corriere della Sera.
«Ma del resto la biografia politica, comunale o regionale o nazionale, non è solo monumentalizzazione dell’io, ma serve soprattutto alle presentazioni, che immediatamente diventano conferenze stampa, occasioni di apparizione e, se nel frattempo caduti in disgrazia, di speranzoso ripescaggio. Questi libri generalmente vendono poco, finiscono velocemente tra i remainders, a parte il clamoroso bestseller di Giorgia Meloni, la Sveva Casati Modignani dei sovranisti; ma perché appunto vendere non è la loro missione. Nei libri dei politici, il messaggio è il medium. Esserci. Il libro, infatti, e forse così si spiega anche il clamoroso profluvio di nuove edizioni, di esordi, di ristampe, in un paese dove notoriamente nessuno legge, non serve quasi mai in quanto tale, ma serve ad altro. Appunto, autocelebrazione.» (Michele Masneri)
«Aristotele ragionò sull’horror vacui, osservando come la natura tenda a riempire ogni spazio, senza lasciarne porzioni vuote. Aveva ragione, rispetto al comportamento dei liquidi o dei gas. Aveva torto, rispetto agli spazi intergalattici, in cui nuotano poche molecole per metro cubo. Ma quella teoria ha ormai torto marcio rispetto alla società italiana, dove piuttosto sta attecchendo l’horror pleni, un moto di ripulsa per questo perenne chiacchiericcio nel quale siamo immersi. “Una parola vale un denaro” recita il Talmud, “il silenzio ne vale due”». (Michele Ainis)
C’è qualcuno in ascolto?