Di struzzi e altri animali

Problemi climatici, sovrappopolazione, emergenza idrica. Sono i temi a cui per anni il politologo Giovanni Sartori (1924-2017) ha dedicato un editoriale sul Corriere della Sera nel giorno di Ferragosto. Quello del 2002 si intitolava «Abbiamo sconvolto il nostro clima» e, riletto dopo vent’anni, contiene riflessioni di stringente attualità. Lo riproponiamo qui, con un’integrazione tratta da un altro editoriale, «La testa sotto la sabbia», del 17 marzo 2003. (Corriere della Sera, 20 agosto 2022)

«Non ho ancora capito bene se il genere umano deriva dallo struzzo, oppure se finirà struzzificato, facendo lo struzzo. Darwin, sul punto, non mi sa illuminare. Ma ormai propendo per la seconda tesi: finiremo tutti male, tutti con la testa sotto la sabbia. Proprio perché ai problemi di sopravvivenza della Terra, e sulla Terra, non vogliamo proprio pensare.

Facciamo qualche esempio. Abbiamo avuto, quest’anno, più caldo del solito? Le misurazioni dicono di sì. Così come ci dicono che il clima è sempre più instabile e esagerato. Più caldo, più freddo, più temporali devastanti, più alluvioni. In Italia l’agosto è stato, finora, selvaggio; e prima giugno e poi luglio sono stati eccezionalmente torridi. Non accadeva da 200 anni. Il che vuol dire che non accadeva da quando il caldo (e le piogge) vengono misurati.

Ci dobbiamo allarmare? Sicuramente sì. Non siamo al cospetto di bizzarrìe climatiche che ci sono sempre state. Siamo invece al cospetto di una tendenza costante di riscaldamento della Terra. La migliore spia di questo trend sono i ghiacciai, che evidenziano il più grande disgelo dalla fine delle glaciazioni. Lo spessore e la superficie della calotta polare artica (Polo Nord) si stanno paurosamente riducendo. Nel secolo scorso i ghiacciai del Monte Kenya hanno perso il 92% del loro volume, quelli del Kilimangiaro il 73, e i nostri ghiacciai alpini il 50. E la domanda cruciale è se questo riscaldamento sia imputabile a cause umane (l’effetto serra dell’inquinamento atmosferico) oppure a cause naturali.

I sostenitori delle cause naturali fanno presente che la Terra è già passata molte volte da periodi di surriscaldamento a periodi di raffreddamento. Senza retrocedere di centinaia di milioni di anni, circa 10 mila anni fa la Tasmania era unita all’Australia e l’Inghilterra era attaccata all’Europa. Poi lo scioglimento dei ghiacci alzò il livello dei mari, creò la Manica e trasformò la Tasmania in un’isola. In tempi più vicini, il nostro Medioevo fu particolarmente caldo tra il 1100 e il 1400 (allora i Vichinghi coltivavano in Groenlandia), mentre il periodo 1450-1850 fu di raffreddamento. Dunque il clima può cambiare da sé. Ma non sappiamo perché. E se non sappiamo perché, come si fa a sostenere che anche il riscaldamento del nostro tempo è dovuto a ragioni cosmiche? Questa è pura congettura. Mentre è certo, è sicuro, che le emissioni di anidride carbonica producono un effetto serra, e quindi un effetto riscaldante.

Difatti una preponderante maggioranza della comunità scientifica dà per altamente probabile che ci stiamo scaldando per colpa nostra. Chi ne dubita lo fa con l’argomento che è già successo in passato: il che non prova nulla. È lecito dubitare, invece, della precisione delle previsioni. Quale sarà la grandezza e la velocità del riscaldamento, e quindi l’entità delle conseguenze che andrà a produrre? I modelli di simulazione con i quali cerchiamo di prevedere le variazioni del clima sono molto complessi. Giustamente le loro previsioni sono a ventaglio: variano (nelle stime dell’International Panel on Climate Change sponsorizzato dall’Onu) da un aumento, in questo secolo, tra l’1,4 e i 5,8 gradi centigradi. Ed è inutile dibattere su quale previsione risulterà azzeccata. Siccome non lo sapremo mai in tempo utile, qui vale una logica prudenziale per la quale il non fare nulla per bloccare il nostro gassarsi e moltiplicarsi è sicuramente stupido.

Se il riscaldamento fosse naturale, allora saremmo fritti, perché un mondo sconvolto da un clima impazzito che può addirittura cancellare i monsoni e che ci dà troppa acqua oppure zero acqua non potrà certo sostenere i 9-10 miliardi di viventi che alcuni governanti e altri irresponsabili ci stanno regalando. Ma se il riscaldamento fosse umano, prodotto da noi e dai troppi esseri umani, allora se interveniamo con risolutezza ci possiamo ancora salvare. È vero che in materia di vivibilità climatica siamo condannati, come scrive Kendal, all’incertezza. Ma perché scegliere l’incertezza più rischiosa, quella del nulla-fare? Oggi è giornata di vacanza spensierata. Ma un pensierino è sempre dovuto ai nostri figli. Perché a loro noi non dobbiamo lasciare un mondo invivibile. E non è che la nube tossica gigante minaccia il clima. È piuttosto un preavviso del clima che verrà.» (Giovanni Sartori, 15 agosto 2002)

Il tema continua a non appassionare la nostra politica, dove la furbizia e il calcolo della sua dirigenza (come ovunque nel Paese) supera di molto ogni afflato ideale. Questi politici staccati dalla realtà sono, infatti, tutti protesi ad inseguire il consenso degli elettori su ben altri demagocici terreni.

«Le persone sono le stesse. Chi considerava Donald Trump la salvezza del mondo, e i vaccini la prova di un complotto globale, oggi difende la guerra turpe di Vladimir Putin. Tra errori di ortografia, assurdità storiche, analogie strampalate e teorie complottiste, questi connazionali si augurano l’avvento di un regime in Italia. Perché sono delusi, perché sono arrabbiati, perché le cose gli sono andate storte: devono trovare un colpevole e un salvatore, a tutti i costi. Tutti conosciamo persone che, magari senza scatenarsi sui social, condividono questa follia. Ragionare con loro sembra inutile, ma bisogna farlo. Inutile entrare nel merito. Meglio cercare di capire l’origine della frustrazione che le acceca. Forse è un modo di chiedere aiuto. Cerchiamo di offrirglielo, prima che sia tardi. In quello stagno, infatti, pescano i totalitarismi.» (Beppe Severgnini – Corriere della Sera, 29 marzo 2022)

Lo scritto di Sartori risale a vent’anni fa; Giacomo Leopardi invece ha scritto il suo Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani nel 1824: «Gli usi e i costumi in Italia si riducono generalmente a questo, che ciascuno segua l’uso e il costume proprio, qual che egli sia. E gli usi e i costumi generali e pubblici, non sono, come ho detto, se non abitudini, e non sono seguiti che per liberissima volontà, determinata quasi unicamente dalla materiale assuefazione, dall’aver sempre fatta, quella tal cosa, in quel tal modo, in quel tal tempo, dall’averla veduta fare ai maggiori, dall’essere stata sempre fatta, dal vederla fare agli altri, dal non curarsi o non pensare di fare altrimenti o di non farla (al che basterebbe il volere).»

Del resto, come dice il Folletto nel Dialogo di un folletto e di uno gnomo – dialogo che si svolge in un mondo da cui sono scomparsi gli uomini –  tutte le specie credono fermamente che il mondo sia fatto per loro (ma Leopardi peccava di ottimismo; oggi ogni uomo pensa che non solo il mondo, ma anche l’intera umanità che lo circonda sia fatta solo per lui). E invece il mondo funziona per conto suo; senza gli uomini il mondo continuerebbe come prima, anzi, meglio di prima.

Insomma, in sostanza in Italia nulla è cambiato: già due secoli fa da noi il concetto di libertà si limitava all’esclusiva difesa della propria, di libertà, nonché al contemporaneo disinteresse per quella collettiva e/o altrui. Una volta circoscritta la propria visuale all’interno di tale angusto orizzonte, quale interesse potrà mai suscitare una “bazzecola” potenzialmente catastrofica per tutti come l’emergenza climatico-ambientale del nostro pianeta? Il populismo non promette tutela del nostro pianeta, non avanza proposte di impegno per la sopravvivenza della Terra; promette sempre e solo più libertà per tutti, cioè a ciascuno. Un vero e proprio ossimoro.

Provate a chiedere in giro; nell’epoca cafona dell’immagine e del narcisismo (Mae West: «Ma ora basta parlare di me, parliamo di voi: cosa pensate di me?»); dove tutti parlano e nessuno ascolta, nessuno legge ma tutti scrivono, in questo tempo di “socializzazione” ad oltranza del proprio ego (altro ossimoro), la risposta che riceverete dalla stragrande maggioranza dei “cittadini” sulle questioni ambientali sarà quasi sempre la stessa.

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