I limiti non sono muri

Si può celebrare una funzione dichiarandone pubblicamente l’inutilità. Il 16 novembre 1872 Francesco De Sanctis tiene il discorso inaugurale dell’anno accademico dell’Università di Napoli. Ha appena ricevuto la cattedra di letteratura comparata e sta per cominciare i corsi su Manzoni e la scuola cattolico-liberale. «I suoi dotti colleghi gli hanno voluto affidare il discorso inaugurale e lui, che non vuole fare il ribelle, si è messo al lavoro fin da agosto.» Vuole sfruttare questa inutile celebrazione per denunciare una situazione che danneggia la collettività: la sua cultura, la sua civiltà. L’idea su cui De Sanctis lavora è che in un paese tanto più si inaugura quanto meno si porta a termine. Perciò insiste: basta con i buoni inizi, cerchiamo soprattutto di finire, e finire bene. Terminare, terminare. (Domenico Starnone)

De Sanctis scrive (e legge): «Un popolo vive, quando ha intatte tutte le sue forze morali. Queste forze non producono se non quando trovano al di fuori stimoli alla produzione. Più gagliardi sono gli stimoli, e maggiore è la loro intensità e vivacità. Gli stimoli ti creano il limite, cioè a dire uno scopo, che le toglie dal vago della loro libertà, e le determina, dà loro un indirizzo. In quanto la loro libertà è limitata, queste forze sono produttive. L’uomo forte, quando pure voi gli togliate il limite, se lo crea lui, e se non può legittimo, se lo crea illegittimo: perché la forza ha bisogno del limite, come il mezzo ha bisogno dello scopo. […]

La scienza, perché operi sulla vita, bisogna che ami la vita, quale la trova, guasta che sia, e studii a ricreare ivi dentro  gli stimoli e i limiti, nettandoli della scoria  che il tempo vi ha aggiunta e riconducendoli a’ loro principii, quando erano più nella coscienza che nelle istituzioni. Ma se il guasto è nelle radici, se insieme con la religione è mancato il sentimento religioso. se il sentimento della patria e della famiglia e della natura e della libertà è fiacco, se le stesse radici della vita son secche, cosa ti può fare la scienza? La scienza non ti può dare la vita. […]

La scienza, che nella società latina ingoiò più di quello che poteva assorbire e digerire, restò al contrario nella vita angloalemanna modesta ausiliaria, perché ivi incontrò organismi formidabili, pieni di prestigio e di forza e di fiducia, e non si mise già di contro ad essi come nemica, per disfarli, ma penetrò ivi dentro con moto lento, ma continuo. E con poca resistenza; perché gli organismi viventi, nel rigoglio del loro sviluppo, non hanno in sospetto la scienza, anzi se ne valgono come istromento ad allargarsi e consolidarsi, purgandosi e riformandosi, cioè cacciando da sé le parti morte e stantie, e rinnovando la materia; dove gli organismi vecchi e aridi stanno chiusi in sé e temono la scienza, odiano l’aria e la luce, cone cadaveri che al contatto dell’aria si dissolvono.

Ivi la scienza operava non fuori dal limite, ma entro di quello, e illuminava dall’alto  la vita senza mescolarvisi, senza sforzarla, contenta della sua parte modesta. Così ci vive e ci vivrà lungo tempo la chiesa, il Comune, la classe, la famiglia, lo Stato e la legge, limiti rispettati, la cui voce è ancora potente nel cuore degli uomini, e vi stimola e vi sviluppa forze produttive. E ci vive insieme la scienza e la libertà, la più ampia libertà di coscienza, di discussione e di associazione, che più non è un pericolo ma una forza, perché il volo dell’intelletto ha ivi il suo limite nelle forze sociali ancora integre, il sentimento religioso, la disciplina, la tenacità, il coraggio morale, il sentimento del dovere e del sacrifizio, l’amore della natura e della famiglia, il rispetto dell’autorità, l’osservanza della legge, tutte quelle forze morali, che nel loro insieme noi chiamiamo l’uomo.

Rifare il sangue, ricostruire la fibra, rialzare le forze vitali, è il motto non solo della medicina, ma della pedagogia, non solo della storia, ma dell’arte; rialzare le forze vitali, riempire i caratteri, e col sentimento  della forza rigenerare il coraggio morale, la sincerità, l’iniziativa, la disciplina, l’uomo virile, e perciò l’uomo libero.» (Francesco De Sanctis: La scienza e la vita – 1872)

In testata: 1 gennaio 1990, Berlino. Cittadini seduti e in piedi sul Muro ne festeggiano la caduta, assieme all’arrivo del nuovo anno, di fronte alla porta di Brandeburgo. Image by © Wolfgang Kumm/dpa/Corbis

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