[…] Ripartenza significa anche scrivere nuove canzoni?
«Forse sto evitando di scrivere perché in questo momento la “malinconica speranza” è in una fase nebbiosa. Le persone non hanno avuto relazioni se non virtuali, vedo aggressività, giudizi sommari, tutto acuito dai social e dal web, l’unico elemento di contatto tra noi e gli altri. Siamo costretti a scrivere messaggi e in quel caso o sei Petrarca o è difficile farsi capire. Come artista mi sento in difficoltà. Non mi interessa esprimere un parere, partecipare alla polemica del momento: penso che un’artista debba esprimersi attraverso la sua arte, portare chi ascolta verso una comprensione migliore, non verso slogan che sono la fine del pensiero».
Tutto questo la spinge verso la sua natura di solitario, il “loner” cantato da Neil Young?
«È così. L’ipersensibilità, unica caratteristica che sono sicuro di avere, è alla base di alcune cose belle che ho fatto. Al di là del talento musicale, mi ha portato a cogliere gli aspetti speciali di alcune vicende, anche se mi fa stare male. Ma non sono davvero solitario, mi sono circondato da una famiglia, perno del mio nucleo amoroso in cui sono sereno, e mi fa da schermo. Le persone possono farmi molto male, percepisco gli altri in maniera forte ma non ho l’aggressività necessaria per contrastarli. Quando prendo un pugno me lo tengo e faccio un passo indietro. Artisticamente questo ha fatto sì che raffinassi un linguaggio che non vive di salotti virtuali, di featuring, di “bella”, “amico”. Magari è dovuto all’età, ho 53 anni, o è un fatto caratteriale, chissà. Ma per ora il disagio è forte, perché è difficile capire quale sia il mio posto nella società». (intervista di Ernesto Assante – la Repubblica, 8 giugno 2021)