La banalità sta bene su tutto

Il segreto dell’agitatore è di rendersi stupido come i suoi ascoltatori per far loro credere di essere intelligenti come lui. (Karl Kraus)

 

Per ora l’ultimo ad intervenire sul caso del generale Vannacci e del suo libro (Il mondo al contrario, attualmente primo nella classifica Amazon: e questo dovrebbe farci riflettere) è Lucio Malan, capogruppo di FdI al Senato, secondo il quale il generale sarebbe calato nel ruolo di “un simbolo della lotta al pensiero unico che suscita simpatia. C’è una cupola intellettuale che decide cosa è accettabile. Non per sé ma per gli altri.” (Corriere della Sera, 23 agosto 2023). Una cupola non si nega a nessuno: un’evergreen delle banalità complottiste.

Per chi, come chi scrive, è da tempo convinto che il vero pensiero unico sia invece costituito dalle onnipresenti banalità spacciate come originali e innovative (…culla e fucina dell’ipocrisia: il familismo/corporativismo amorale, il pensiero semplice, le imperanti idee facilone che suggeriscono soluzioni altrettanto facilone, «tutto, pur di svuotare la vita delle sue assurdità, della sua insensatezza, delle sue pasticciate contingenze, e imporle invece la semplificazione che rende coerente, e fraintende, ogni cosa», come scrive Philip Roth…) tutto ciò non rappresenta altro che l’ennesima seppur superflua conferma del drammatico abbassamento del livello etico nelle coscienze degli italiani e soprattutto nei palazzi del potere politico. Cioè: «Il populismo in quanto procedimento che misura tutto in base agli applausi, in quanto applausometro permanente che trasforma i cittadini da esseri pensanti in spettatori che battono le mani. Ovvero: non è giusto ciò che è giusto, ma quanto riceve più applausi.» (Vito Mancuso)

Ma vediamo i contenuti del libro.

Cos’è la normalità. Il perno attorno a cui ruota l’intero ragionamento del generale è proprio questo: «Il gay, il masochista, il vegano, il mangiatore di cani o di gatti è un eccentrico… ma almeno non dovrebbe ostentar la sua eccentricità nel rispetto dei comportamenti e dei valori comuni. E comuni significa anche normali in quanto “appartenenti e condivisi dalla stragrande maggioranza”». Ma quel mondo («Mi piace la mia cucina, i cantautori nazionali, l’odore del pane fresco al mattino e le campane che suonano la domenica») viene mandato in frantumi dalla modernità: «Perché dobbiamo sentire la necessità di annacquare e diluire quelle che sono le nostre più identitarie caratteristiche in una sorta di genoma mondiale?».

La famiglia tradizionale. «La famiglia naturale non rappresenta un capriccio etico ma un esempio che la vita ci fornisce come modello vincente» ma questo modello è sottoposto a molteplici attacchi. Un esempio? Il movimento femminista: «Le moderne fattucchiere sostengono che solo il lavoro e il guadagno possono liberare le fanciulle dal padre padrone e dal marito che le schiavizza». Ma le donne «per quanto lavorino non sono spesso contente e realizzate». Bei tempi quelli in cui prevaleva «la bellezza del nucleo familiare tradizionale in cui uno dei genitori , generalmente la madre, si è essenzialmente presa cura della famiglia».

Contro gli asili nido. Vannacci finisce per prendersela anche con un bersaglio sorprendente, gli asili nido: «Se c’è una cosa che non mi convince è il modello ritenuto quasi obbligatorio dei servizi per l’infanzia. Tutte prestazioni di cui posso fare a meno se il “servizio all’infanzia” lo faccio fare, retribuendolo, ai genitori naturali».

Amore contro natura.«Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione» è la frase che introduce uno dei capitoli più contestati del libro, l’invettiva contro i gay e i loro diritti. In particolare la pretese di avere figli «a qualunque costo» non è considerata «naturale», con un ardito paragone: «Nemmeno il cannibalismo è naturale».

A Parigi. Già nei giorni scorsi erano trapelate la parole secondo cui nessuno convincerà mai il generale che la giocatrice di volley Paola Egonu possa rappresentare l’italianità. Ma la diffidenza verso chi ha un diverso colore della pelle emerge da un episodio raccontato nel libro: «Nel 1975, quando con tutta la famiglia ci trasferimmo a Parigi che, per la prima volta, cominciai a venire a contatto con persone di colore… nel metrò, fingevo di perdere l’equilibrio per poggiare accidentalmente la mia mano sopra la loro… per capire se la loro pelle fosse al tatto più o meno dura e rugosa della nostra».

La società multietnica. «Per quale motivo un’aggregazione di persone che è cresciuta e si è evoluta attorno a specifici valori ed ha magari anche combattuto per essi, dovrebbe buttare all’aria il proprio tessuto connettivo per la semplice velleità di includere altri valori? …tutte queste diverse etnie sono riuscite a convivere quasi pacificamente fintanto che una ha prevalso sulle altre, imponendo il proprio codice comportamentale». E dato che viviamo in una società evoluta e benestante «per quale motivo, dunque, tutto questo dovrebbe essere elargito gratuitamente a chi, non solo non ha contribuito minimamente a questa prosperità?». «Ritengo che nelle mie vene scorra una goccia del sangue di Enea, di Romolo, di Giulio Cesare… di Leonardo, di Michelangelo, e di Garibaldi». (Claudio Del Frate – Corriere della Sera, 23 agosto 2023)

Il linguaggio? «Termini che fino a pochi anni fa erano nei nostri dizionari (pederasta, invertito, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, caghineri, cupio, buggerone, checca, omofilo, uranista, culattone) sono ormai termini da tribunale». Il cambiamento climatico? Roba da frignoni meteoropatici. Tuttavia «Roberto Vannacci si rassegni: i rapporti omosessuali, che lui non considera normali, erano consueti e accettati nella classe dirigente del mondo antico. Un esempio è proprio Giulio Cesare, di cui il generale si ritiene erede. Il grande condottiero romano era bisessuale: ebbe passioni maschili e femminili», ricorda Luciano Canfora, biografo di Cesare.

Aggiunge un lettore del Foglio Quotidiano: «Il generale che, da quanto si legge, ha nostalgia dei tempi in cui un omosessuale veniva chiamato “pederasta, ricchione o culattone”. Parole, scrive costui, che in fondo si trovavano anche nel dizionario! Ricordo un ragazzino che nel quartiere di Napoli dove ho vissuto la mia infanzia tentò di uccidersi per come lo chiamavano e per la sofferenza che lo dilaniava quando gli urlavano contro “ricchione”. Il ministro della Difesa si comporta dignitosamente, Vannacci lo difendono fascisti di FDI e della Lega. Una stretta al cuore pensare che costoro sono al governo del paese.»

Definitivo Beppe Severgnini: «Sarebbe facile, ma probabilmente inutile, spiegare all’autore dove sbaglia. Propongo invece di usare le sue opinioni per effettuare un test con amici e conoscenti. Se molti di loro si diranno d’accordo col generale, è il caso di cominciare a preoccuparsi. Non c’è dubbio che l’arroganza di alcune minoranze possa indispettire: ma questo accade in America, non in Italia, dove in termini di diritti civili abbiamo ancora strada da fare. Eppure, anche tra noi, ci sono quelli che vorrebbero gridare «Indietro tutta!». Quanti sono? Saperlo sarebbe importante. Avanti, quindi, col «Test Vannacci». Avviso alle persone sensibili: i risultati potrebbero turbarvi.»

Il video Minoranza è tratto dal film di Nanni Moretti Caro diario (1993)

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