La cultura vale più della politica

LIBRI. «Abbiamo la classe politica che legge meno in Europa. Per questo dico che bisogna andarle in aiuto. Non sanno niente.» (Nicola Lagioia – intervista di Michele Brambilla, la Repubblica 24 maggio 2023) Un’affermazione un tantino schematica, questa di Lagioia, ma forse non tanto lontano dalla realtà. D’altra parte il direttore uscente del Salone internazionale del libro di Torino è reduce dai  durissimi attacchi “politici” seguiti alla contestazione di Eugenia Roccella (ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità). “Con tutti i soldi che pigli contestazione legittima? Vergognati!”: questo l’attacco a caldo della deputata di Fdi Augusta Montaruli. Davvero non ci è chiaro cosa c’entri lo stipendio di Lagioia in un simile contesto culturale. Ma tant’è: a Montaruli è scattato un riflesso condizionato.

ISCHIA. «O tell me the truth about love», cantava il poeta inglese Wystan Hugh Auden sull’isola d’Ischia negli anni Cinquanta e la sua più nota poesia, La verità, vi prego, sull’amore, ben si presta alla parafrasi: la verità, vi prego, su Ischia. Perché il nome dell’isola cara alla bellissima Lucrezia d’Alagno è legata più di ogni altro scoglio dell’arcipelago delle isole Flegree all’amore per la letteratura. Giovanni Boccaccio, che s’intendeva dell’uno e dell’altra, fa raccontare a Pampinea, nella quinta giornata del Decamerone, una storia ricavata dalla leggenda di Fiorio e Biancifiore e così inizia: «Ischia è un’isola assai vicina di Napoli, nella quale fu già tra l’altre una giovinetta bella e lieta molto, il cui nome fu Restituta». In fondo, il fascino dell’isola, che non è piccola come Capri, né grande come l’immensa Sicilia, è nella sua misteriosa concentrata varietà fatta di acqua salata e acqua termale ricercata da Garibaldi e Cavour, di storia e natura che uno scrittore come Giovanni Comisso rapito da Forio descriveva così: «Quando ci si volse dall’altra parte, su dal mare in tumulto, si vide definita e chiara tutta la costa dell’Italia, da Miseno fino al Circeo, con le cime dei monti bianche di neve al sole. Era la stessa visione che aveva avuto Enea e anche Ulisse e si decise di fermarci». La verità, vi prego, su Ischia.

Certo, non si può sbarcare a Ischia un giorno e andar via. Chi ci va ci resta. Una volta Raffaele La Capria, legatissimo a Capri, ha raccontato che Truman Capote mentre scendeva dal vaporetto inciampò, cadde e ruppe l’orologio. Un chiaro presagio: l’isola non era fatta per la fretta e la furia delle cose e Capote, che vi rimase quattro lunghi mesi nel 1949, scriveva Summer Crossing [titolo italiano Incontro d’estate, N.d.R] attratto dall’isola, dal vino e dai pescatori: «Che posto strano, e stranamente incantato è questo. È un’isola al largo della costa di Napoli, molto primitiva, abitata per la maggior parte da viticultori e da pescatori di carpe, da W.H. Auden e dalla famiglia Mussolini». Non era quella la Ischia di oggi, era un’altra isola ma Truman Capote se la passava bene senz’altro sul tetto della pensione con l’odore meridionale del glicine e le foglie di limone: «L’avevo decorato con delle lanterne giapponesi, ed erano venute circa cinquanta persone, compresi tutti i più bei pescatori dell’isola. Se la spassavano tutti. Tutti, cioè eccetto Wystan che non ballava con nessuno, e non parlava con nessuno e se ne stava seduto in un angolo da solo, con la faccia tetra». La verità, vi prego, su Ischia.

Sulla spiaggia di Casamicciola ancora oggi si aggira un fantasma: Henrik Ibsen. Solo e pensoso, attratto e respinto dal mare, il Grande Norvegese era chiamato proprio così dai pescatori nell’Ottocento: il fantasma. Il suo eroe errabondo Peer Gynt prese corpo e anima ad Ischia e in fondo la capanna di Solvejg è nei castagneti di Casamicciola e la nordica e fredda Norvegia è la meridionale e calda Ischia. A star dietro a tutti i letterati che hanno messo piede sull’isola e, incantati, ne hanno scritto si rischia di scrivere una storia universale della letteratura. Lo si può capire Nietzsche che tra Sorrento e Ischia avrebbe voluto fondare un «piccolo convento laico» come scrisse Guy de Pourtalès in Nietzsche in Italia. (Giancristiano Desiderioilgiornale.it)


SCIACALLI. Si celebra in questi giorni il 150° anniversario della morte di Alessandro Manzoni. Scrittore dal forte sentimento nazionale unitario, cattolico ma contrario al potere temporale, calvinista, convertito in giovinezza al cattolicesimo, pose al centro delle sue riflessioni la presenza del male nella storia umana: ossia il predominio dei forti e malvagi sugli umili e sugli onesti, la giustizia terrena considerata “impossibile”. Naturalmente, persino lui ha subìto a suo tempo attacchi e censure da tutte le parti, anche dalla chiesa cattolica. E anche a noi modesti abitatori del nuovo millennio, pur avendo a nostra volta preso atto che la giustizia non si realizza nella storia umana, rimane sempre da affrontare “la solita vecchia bugiarda fanfarona, la retorica, signora d’Italia” (Pirandello). Vasto programma.

Basta anche un breve soggiorno per rendersi conto di come Ischia, questa isola meravigliosa, sia oggi devastata dall’abusivismo edilizio selvaggio, evidente conseguenza dell’assoluta mancanza di pianificazione urbanistica e architettonica degli ultimi decenni; di come questo dipenda da una radicale mancanza di sensibiltà culturale ed ambientale, a cui conseguono inevitabilmente le relative politiche di (dis)interessata distrazione sul controllo delle migliaia di costruzioni “spontanee” che sono spuntate come funghi nel secondo dopoguerra. Ovviamente, la solita retorica populista prova a nascondere dietro una misera foglia di fico un abisso di ignoranza e il consueto, miserabile scaricabarile sulle relative responsabilità: “L’abusivismo non c’entra niente.” Il cartello qui sopra è attualmente esposto al molo aliscafi di Ischia Porto.

ALBERI DI PLASTICA. Nella famosa favola di Andersen solo un innocente bambino osa dire la verità, cioè che il re va in giro nudo perché due impostori gli hanno venduto degli abiti invisibili, cioè inesistenti. «Un’ottima parabola sull’egemonia mediatico-digitale e sull’illusionismo pubblicitario che fa credere a tutti che sia vero ciò che non è vero. O meglio: tutti sanno che il falso è falso, ma nessuno osa più dirlo per non rischiare di sembrare stupido e mettere a rischio la propria reputazione di persona al passo con i tempi. Ognuno vuol essere come tutti fingendo di credere come tutti che l’irreale sia reale. Tutti accettano gli impostori che vestono con abiti irreali il potere e la cieca vanità di chi lo detiene.» (Alfonso Berardinelli)

Gianni Mion, super manager in pensione, ex a.d. di Edizione, la holding della famiglia Benetton, ed ex consigliere di amministrazione di Atlantia, dimessosi dopo le intercettazioni in cui rivolgeva forti critiche alla gestione della vicenda del ponte (crollato il 14 agosto 2018 con 43 vittime), ha affermato in tribunale che i vertici del gruppo Benetton e di Autostrade per l’Italia sapevano bene, dopo una riunione avvenuta nel 2010, che il ponte Morandi «aveva un difetto originario di progettazione ed era a rischio crollo». Stando al suo racconto, quindi, tutti i vertici del gruppo sapevano dei pericoli ma avrebbero cercato di minimizzare gli allarmi. Ha anche detto che a suo tempo non aveva parlato forse perché temeva di perdere il lavoro. Forse.

Se ne deduce che non solo un innocente bambino, ma anche un ottantenne colpevole, in pensione e ormai fuori dai giochi, può osare di dire la verità. Il motivo è molto semplice; lo spiega bene Letizia Pezzali: «Sono una scrittrice ma nella vita ho fatto l’investment banker, nella vita ho questa doppia identità, del resto non sono l’unica scrittrice che ha avuto più di un’identità. Lavorare dov’ero ha significato non poter fare la scrittrice, non in quegli anni, non pubblicamente, non nel modo in cui lo faccio adesso, cioè dicendo quello che mi pare, quando mi va, senza farmi problemi, infischindomene di tutto. (Letizia Pezzali – Domani, 24 maggio 2023)

La scomoda ma banale realtà è che la letteratura e la cultura si coltivano molto meglio stando lontani dal potere, perché il potere non è mai interessato alla verità: veri o finti che siano, il potere ti chiede sempre di garantire che i suoi alberi sono veri alberi – anche quando lo sanno tutti, che invece sono solo alberi di plastica.

In testata: Jan Vermeer, Ragazza col turbante – dipinto meglio conosciuto come La ragazza con l’orecchino di perla (1665-1666)

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