La Resistenza cattolica

Caro Cazzullo,

a proposito del 25 Aprile, vorrei sottolineare che la lotta partigiana fu uno sforzo corale in cui cattolici e democristiani fecero la propria parte. Come si fa a non ricordare Enrico Mattei, vicecomandante generale del corpo volontari della libertà e dei suoi comandanti partigiani nel Nord Italia Eugenio Cefis e Albertino Marcora o Ermanno Gorrieri comandante della repubblica partigiana di Montefiorino o ancora Paolo Emilio Taviani che fondò il Cln ligure e dette il via alla insurrezione di Genova o le tante donne democristiane a cominciare da Tina Anselmi. E poi i fratelli Antonio e Alfredo di Dio uccisi a Novara in un rastrellamento fascista in cui era implicato anche Dario Fo paracadutista della Rsi. Per non parlare di don Primo Mazzolari e di padre Davide Turoldo e altri sacerdoti come don Giuseppe Morosini massacrato alle fosse ardeatine che difesero partigiani ed ebrei. I partigiani democristiani non si sono mai macchiati di sangue innocente e gli stessi difesero quella libertà riconquistata il 18 aprile 1948. Paolo Cirino Pomicino

Caro Cirino Pomicino,

Lei non ha idea di quante persone mi abbiano scritto per contestare una frase che in qualsiasi Paese sarebbe ovvia: combattere i nazisti era la cosa giusta. Dovrei dedurre che queste persone pensino che fosse giusto mandare gli ebrei ad Auschwitz. Siccome non mi pare possibile, mi do altre due spiegazioni. La prima: molti hanno avuto il nonno o il padre fascista anche dopo l’8 settembre; e proprio non riescono a riconoscere che, pur essendo in buona fede, pur essendo una brava persona, il padre o il nonno abbiano fatto la scelta sbagliata (anche se spesso non fu una scelta: per i renitenti alla leva di Salò c’era il plotone d’esecuzione). La seconda è quella che indica lei, gentile Cirino Pomicino. È un grave errore pensare, raccontare, celebrare la Resistenza solo come una «cosa rossa» (sia chiaro che non mi riferisco allo Speciale Tg1, da lei criticato, che ho trovato invece ben fatto). In particolare si parla poco della Resistenza cattolica. Oltre ai nomi che cita lei, e oltre a Ignazio Vian ricordato domenica sul Corriere da suo nipote Gian Maria — direttore dell’osservatore Romano di Ratzinger, insomma non della Pravda —, mi lasci ricordare almeno due luminose figure: Giancarlo Puecher, che non imbracciò mai le armi per non far male a nessuno, il che non lo salvò dai fascisti; e Teresio Olivelli, uno dei capi delle Fiamme Verdi che animarono la Resistenza nel Bresciano, morto nel lager sotto i colpi di un kapò per difendere un altro prigioniero cui aveva fatto scudo con il suo corpo. È stato proclamato beato, si attende la canonizzazione. (Risponde Aldo Cazzullo – Corriere della Sera, 29 aprile 2020)

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