Libri a confronto

Lucio Mastronardi: Il maestro di Vigevano – Einaudi (I coralli), 1962

Tutti noi, prima o dopo, abbiamo provato quella sensazione di irrimediabile estraneità rispetto a una porzione, grande o piccola, della realtà in cui ci troviamo casualmente a vivere. Si trattasse del contesto familiare o parentale, di quello professionale, sociale o ambientale: abbiamo comunque percepito la presenza di un certo meccanismo, sabbioso e inguaribilmente sporco, decisivo nel determinare la fortuna altrui e la disdetta nostra. Abbiamo incolpato l’inefficienza e la corruzione della politica, l’ipocrisia delle relazioni, la ruggine prepotente delle gerarchie fossilizzate da qualcuno (ma chi?) in assenza di alcun parametro di merito, ecc. Tutte situazioni che nel frattempo stagnano in attesa di un astratto “giustiziere”, un super-eroe  che finalmente farà quadrare gli altrettanto astratti conti della giustizia. Questo bel romanzo comico e grottesco, di satira sociale, di plurilinguismo, dialetto e gergo locale, lascia un po’ l’amaro in bocca; chiudendolo rimane la sensazione che a una scrittura anche brillante non consegua molto altro, se non la descrizione di una negatività disillusa, forse un po’ sterile e fine a se stessa.

Fruttero & Lucentini: La donna della domenica – Adelphi (Fabula), 1994

Dieci anni dopo Il maestro di Vigevano, esce questo primo romanzo di F & L: un giallo-poliziesco che unisce anch’esso satira sociale, plurilinguismo, dialetto e gergo locale. Qui però finiscono affinità e parallelismi. Dalla provincia settentrionale delle trasformazioni sociali e dello sviluppo economico anni ’60 di Mastronardi, si passa ora al provincialismo culturale (tuttavia metropolitano) di un certo “ambiente“, distinto o presunto tale, torinese. Il cupo sarcasmo diviene un’altro genere di ironia, a nostro pare molto più sottile e divertita, meno rancorosa e quindi più efficace. Per fare un solo esempio: da un architetto come il sottoscritto, tutta la comprensione del mondo a quel protagonista  che “ha le mani legate […] col casino d’intrallazzi che c’è sempre nell’edilizia.” Il che non significa solidarizzare per forza con il soggetto in questione, anzi. Ma una volta denunciati i difetti connaturati da sempre all’essere umano, per fare un passo avanti nella giusta direzione occorre poi sporcarsi davvero le mani. Nessuno di noi è del tutto innocente (lanci la prima pietra…) e ogni azione, per quanto giusta essa sia, sulla sua strada rischia comunque di fare qualche danno. Come dire: le mani giocoforza ce le dobbiamo sporcare; l’auspicio è che una volta lavate, esse tengano la barra dritta. La consapevolezza e l’ironia (auto)critica sono più utili della sarcastica indignazione.

Il brano Alzo le mani di Max GazzèNiccolò FabiDaniele Silvestri è contenuto nell’album  Il padrone della festa (2014)

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