«Non si comprende come mai lo stesso Trump che un mese fa definì «bravi ragazzi» i contestatori della quarantena antivirus, presentatisi davanti al Parlamento del Michigan con i mitra a tracolla, oggi minacci di far sparare addosso a chi manifesta contro l’assassinio dell’afroamericano George Floyd da parte di un poliziotto di Minneapolis. Se ricordo bene, allora Trump disse che la rabbia dei mitraglianti andava capita ed esortò le autorità del Michigan ad ascoltarli, mentre adesso schernisce il sindaco di Minneapolis perché vorrebbe capire e ascoltare la rabbia dei suoi concittadini.
Può darsi che Trump sia particolarmente affezionato alla comunità afroamericana di Minneapolis e che questo sentimento lo induca a non sopportare che un solo vetro venga rotto in quella contrada, là dove al contrario uno sforacchiamento a colpi di mitra dell’intero stato del Michigan lo avrebbe lasciato indifferente. Oppure può essere che nell’ultimo mese abbia cambiato dieta, telefonino o lacca per capelli; che sia insomma successo qualcosa di talmente sconvolgente nella sua vita da indurlo a rovesciare i paradigmi che da sempre ne ispirano l’attività di statista illuminato. Vi è poi una terza ipotesi, attualmente al vaglio del comitato tecnico-scientifico, secondo cui Trump coltiverebbe un leggero pregiudizio nei confronti degli arrabbiati di Minneapolis perché hanno la pelle un po’ meno chiara di quelli del Michigan. Ma io non ci Kkkredo.» (Massimo Gramellini – Corriere della Sera, 30 maggio 2020)
«…come si fa a dimenticare che Trump è stato eletto da una minoranza del voto popolare, maggioranza risibile nel collegio elettorale, all’insegna dello slogan “lock her up”, rinchiudetela, arrestatela, come si fa a dimenticare che in ciascuno dei suoi atti si è mostrato come una personalità viziata, infantile, narcisistica e violenta contro le procedure e talvolta le norme della Costituzione americana e della prassi costituzionale? Il peccato originale è un racconto tra i pochi che fanno la storia come narrazione non pazza e non idiota: gli americani da quattro anni hanno al governo il loro, di peccato originale, come una maledizione biblica.
Ci siamo suggestionati con quella favola orchestrata della rivincita degli hillbilly, dei burini bianchi dimenticati, e abbiamo fatto della sociologia d’accatto, e invece dove nemmeno un Obama riuscì a sferrare il colpo decisivo, contro un’America razzista, brutale con i cittadini afroamericani poveri, suprematista nell’orgoglio luciferino, capace di scendere in piazza armata contro misure di sicurezza sanitaria in regime di pandemia, l’America-feccia, è subentrato un presidente che coccola gli istinti peggiori e che cerca ogni giorno, ogni ora, ogni minuto un capro espiatorio buono da darsi in pasto alla folla elettorale. Di qui al 3 novembre può fare qualunque cosa, lo si vede, lo si tocca con mano mentre arrestano il giornalista e la troupe della Cnn che danno conto dei sommovimenti rivoltosi di Minneapolis. Trump è violenza e ha bisogno della violenza, è razzista e ha bisogno del razzismo, è illiberale e ha bisogno di comportamenti illiberali, è un fenomeno da baraccone che ci diverte tutti ma oggi dovrebbe metterci tutti in guardia da quanto sia rischioso godersi la commedia “senza eroi”.» (Giuliano Ferrara – il Foglio Quotidiano, 30 maggio 2020)
«… Da quando Donald Trump è diventato Presidente degli Stati Uniti lei è stato uno degli oppositori più duri ed espliciti: in un video si è spinto a minacciare di malmenarlo.
«Ritengo che Trump non meriti altro, l’unica alternativa è mandarlo in galera: è un gangster, profondamente corrotto, che corrompe il tessuto del nostro paese. Inoltre ha dimostrato di essere un inetto e ha enormi responsabilità morali: anche nella gestione della pandemia ha compiuto errori gravissimi, parlando per molto tempo di una bufala. Mi chiedo quanti morti si sarebbero potuti evitare: è arrivato a dire “se siamo bravi moriranno 100.000 persone”, e nel giorno in cui si è raggiunta quella tragica cifra si è fatto fotografare mentre giocava a golf. Rappresenta un’enorme vergogna per gli Stati Uniti, e ha fatto crollare la credibilità dell’intero paese, riuscendo a far rivalutare George W. Bush».
Eppure questo paese lo ha eletto…
«Perché abbiamo un sistema elettorale folle e antiquato: Hillary Clinton avrà pure commesso molti errori, ma nel conteggio del voto popolare ha ottenuto tre milioni di voti in più, la maggioranza degli americani non è con Trump. Mi rifiuto però di continuare a lamentarmi su quel risultato infausto: ora bisogna fare di tutto per vincere le prossime elezioni e gli ultimi sondaggi sono incoraggianti. Tuttavia, da gangster quale è, Trump farà qualunque gioco sporco pur di rimanere al potere: ci aspettano mesi difficili, ma speriamo di festeggiare anche noi la liberazione».
Ritiene che Trump rappresenti uno sbocco inevitabile dell’America contemporanea o invece un’eccezione?
«L’America contemporanea ha tante personalità di altissima qualità sia a livello culturale che artistico che politico. Se andiamo nel passato basti citare Franklin Delano Roosevelt, o Lyndon Johnson, che ha posto fine alla segregazione rinunciando all’elettorato del sud: gesti come questi mostrano uno statista e non un politicante. Riguardo a Trump è corretto parlare di degenerazione, perché è radicato in quel sottogenere televisivo — non solo americano — che è la reality TV. Chi non conosce quel sottobosco lo prende per quello che è, una barzelletta, ma esiste un mondo che apprezza la semplificazione volgare e violenta di ogni cosa. Devo ammettere che, come molti americani, non mi sarei mai aspettato un’evenienza di questo tipo, e l’aver ignorato quel mondo è un elemento sul quale siamo costretti a riflettere: è insufficiente limitarsi a deriderlo e a condannarlo». (intervista di Antonio Monda a Robert De Niro – la Repubblica, 29 maggio 2020)