Non si esibirà mai più in pubblico. «Non so cosa mi porterà il futuro. Quello che posso dire ora è che non sono un pianista». Lo ha rivelato al New York Times Keith Jarrett, 75 anni, musicista jazz amato e famoso in tutto il mondo.
L’ultima apparizione di Jarrett, che nel corso della sua lunga carriera ha suonato con alcuni dei più grandi jazzisti del Novecento, da Art Blakey a Miles Davis, e registrato anche numerosi dischi di musica classica, risale al febbraio 2017. Un concerto alla Carnegie Hall di New York, qualche settimana dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, che il pianista aveva aperto con un indignato discorso sulla situazione politica Usa (riprendendo l’affermazione di The Donald di essere «la persona più intelligente in circolazione», aveva commentato: «Quanto devi essere stupido per pensarlo?»), esortando il pubblico in sala a «rimanere vivo, rimanere sveglio».
Il musicista sarebbe dovuto tornare a esibirsi alla Carnegie nel marzo successivo. Uno di quei recital che hanno fatto di Jarrett una leggenda — come la performance catturata nell’album doppio in uscita venerdì 30 ottobre, che documenta il concerto alla Béla Bartók National Concert Hall di Budapest nel luglio 2016. Un’esibizione bruscamente cancellata, insieme al resto del calendario di concerti del pianista. Al tempo, la ECM, l’etichetta discografica cui il musicista è legato da lunga data, aveva addotto vaghi problemi di salute. E nei due anni successivi non ci sono stati aggiornamenti ufficiali.
Fino a quando Jarrett ha finalmente rotto il silenzio, raccontando al NYT cosa gli è successo: un ictus a fine febbraio 2018, seguito da un altro a maggio. «Ero paralizzato — ha rivelato —, il mio lato sinistro lo è ancora parzialmente. Posso camminare con un bastone, ma ci è voluto molto tempo, un anno o più». C’è voluta, soprattutto, una lunga riabilitazione in una clinica specializzata dove è rimasto dal luglio 2018 al maggio scorso, quando, in piena pandemia, Jarrett è tornato a casa. Si è riavvicinato al pianoforte gradualmente, suonando contrappunti con la destra: «Fingevo di essere Bach con una mano sola — ha spiegato nell’intervista —. Ma strimpellavo solo qualcosa». Quando recentemente ha cercato di suonare, nel suo studio casalingo, alcuni brani bebop familiari, ha scoperto di averli dimenticati. Ora che non può più farlo come prima, «suona nei sogni», anche se «non è come nella realtà».
Per l’artista, che vent’anni fa è tornato a vivere e suonare dopo aver superato la sindrome da fatica cronica, è doloroso e «frustrante, in modo fisico» ascoltare musica per piano a due mani: «Anche Schubert è troppo. Perché so che non lo potrei fare. Non potrò guarire. Il massimo che mi aspetto di recuperare con la mano sinistra è la possibilità di reggere una tazza».
Nato l’8 maggio 1945 ad Allentown, Pennsylvania, Jarrett aveva 3 anni quando, così si racconta, una zia gli indicò un ruscello e gli disse di tradurne in musica il gorgoglio — la sua prima improvvisazione al piano. Nel 1975, ventisette anni dopo, il suo «Concerto di Colonia» è diventato uno degli album di pianoforte solista più venduti nella storia. Lo è ancora oggi. (Laura Zangarini – Corriere della Sera, 22 ottobre 2020)
😢