Superare l’inverno

«È difficile astenersi dal sollievo dell’ironia, dal lusso del disprezzo, quando si considera il disastro che mani docili, obbedienti tentacoli guidati dall’enfio polipo dello Stato, sono riuscite a fare di quella cosa ardente, fantasiosa, libera che è la letteratura. Di più: ho imparato a fare tesoro del mio disgusto in quanto so che, nutrendo un sentimento così forte per la letteratura russa, sto salvando quanto posso del suo spirito.

Accanto al diritto di creare, il diritto di criticare è il dono più ricco che la libertà di pensiero e di parola possano offrire. Vivendo, come vivete voi, nella libertà, in quello spazio spirituale aperto in cui siete nati e cresciuti, voi potreste essere inclini a guardare ai racconti di vita imprigionata che vi giungono da da terre remote come a resoconti esagerati, diffusi da ansanti fuggiaschi.

Che esista un paese in cui per quasi un quarto di secolo la letteratura è stata costretta a illustrare le pubblicità di una ditta di mercanti di schiavi è difficilmente credibile per gente che è convinta che scrivere e leggere libri sia sinonimo di avere opinioni personali e dar loro voce. Se non credete all’esistenza di una simile condizione, potete però almeno immaginarla, e una volta che l’avrete immaginata, vi renderete conto con inedita purezza e orgoglio del valore di libri veri, scritti da uomini liberi perché siano letti da uomini liberi.»

(da Vladimir Nabokov: Lezioni di letteratura russa, Adelphi, 2021; raccolta di testi pubblicata per la prima volta in inglese nel 1981. Singolo foglio non titolato, con numero di pagina 18, che con ogni evidenza rappresenta quanto sopravvive di un panorama introduttivo alla letteratura sovietica che Vladimir Nabokov antepose alle sue lezioni sui grandi scrittori russi)

Due volte esule, dalla Russia comunista e dall’Europa nazista, negli Stati Uniti Na­bokov insegnò per quasi vent’anni lettera­tura russa al Wellesley College e in seguito alla Cornell University.

Erano lezioni me­morabili in cui, con paziente tenacia, ri­chiamava l’attenzione su oggetti o partico­lari che sembrano non avere alcuna ri­levanza artistica: la borsa rossa di Anna Karenina; la fetta di cocomero che Gurov mangia rumorosamente in una stanza d’al­bergo nella Signora col cagnolino o il vestito «serpentino» di Aksin’ja in un altro rac­conto di Čechov, «artista perfetto»; la ruo­ta del tondeggiante calesse sul quale, in Anime morte di Gogol’, il tondo Čičikov, i­postasi dell’enfia volgarità universale, ar­riva nella città di NN. Maestro atipico, spe­ricolato, Nabokov avrebbe voluto trasfor­mare gli allievi in «buoni lettori», quelli che non leggono un libro per identificarsi con i personaggi, e tantomeno per impara­re a vivere, giacché la vera letteratura – gio­co sacro, superiore forma di felicità – non insegna nulla che possa essere applicato ai problemi della vita.

Metteva in guardia con­tro il veleno ideologico del «messaggio» e contro ogni tentativo di cercare la famige­rata «anima russa» nell’opera di giganti come Tolstoj, Čechov, Gogol’ e il pur disa­mato Dostoevskij. Il professor Nabokov non ha alcun metodo, alcun approccio criti­co: con gli unici strumenti della passione e di una precisione infinita, si limita a sco­prire la magia delle parole nelle loro più segrete combinazioni. E noi, come i suoi studenti, lo ascoltiamo incantati mentre va dritto al cuore di questo o quel capolavoro. (dal risvolto di copertina)

Il brano Thru The Winter di  Bettye LaVette è contenuta nell’album A Woman Like Me (2003)

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