Un poema ferroviario

Il fatto è che in Unione Sovietica, i sovietici, per un paio di decenni, tra la fine degli anni sessanta e la fine degli anni ottanta, sembra stranissimo, ma ci son delle testimonianze abbastanza univoche che dicono che i sovietici, in quegli anni lì, leggevano quasi più la letteratura non pubblicata di quella pubblicata. Questo fenomeno, che si chiama Samizdat (che significa autopubblicazione) consisteva nella circolazione di dattiloscritti clandestini autoprodotti, «battuti a macchina con infinite copie di carta carbone (in assoluta mancanza di fotocopiatrici), diffusi con un’alta percentuale di rischio solo tra amici fidati, venduti a prezzi sempre meno cari a mano a mano che la leggibilità diventava difficile, vista l’infima qualità della copia a carbone, imparati a memoria per essere recitati a chi non ne fosse venuto in possesso, questo fu il destino dei testi-samizdat che, nel giro di qualche anno, portati fuori dal paese con la complicità di amici stranieri, avrebbero iniziato a essere pubblicati in Occidente (tamizdat, stampati tam, là, all’estero) dando il via al fenomeno del dissenso.» (dall’introduzione di Paolo Nori)

Due macchie di Rorschach

Le macchie di Rorschach sono particolari figure (macchie d’inchiostro) dotate di una forma apparentemente senza senso impiegate per eseguire il cosiddetto test di Rorschach, allo scopo di indagare la personalità di un individuo. Esse prendono il nome dal loro ideatore, lo psichiatra svizzero Hermann Rorschach che le rese pubbliche nel 1921 attraverso la pubblicazione del suo libro “Psychodiagnostik”. A nostro parere, alcuni eventi storici meritano di essere interpretati proprio con questo metodo.

Pezzi di vetro

“Viviamo, mi sembra, in un tempo in cui valgono solo le vittorie e i vincenti, un tempo in cui il participio presente perdente non indica una condizione temporanea, è un’offesa, in un tempo in cui, se ti chiedono «Come stai?» (e te lo chiedono, continuamente), devi rispondere «Benissimo!» col punto esclamativo, in un tempo in cui devi nascondere le tue ferite e i tuoi dispiaceri, come se tu non fossi fatto di quelle, e di quelli. C’è un paese, in Sardegna, che si chiama Seneghe, che per quattro giorni all’anno si trasforma nel paese della poesia, perché c’è un festival di poesia e sui muri c’è pieno di cartelli con le scritte dei poeti, come quella di Wisława Szymborska che dice «Preferisco il ridicolo di scrivere delle poesie al ridicolo di non scriverne».” (da “Sanguina ancora: L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij” di Paolo Nori)

Esattamente il contrario

“Esattamente il contrario” è un testo che lo scrittore Paolo Nori ha letto per la prima volta nel gennaio 2009 in un teatro di Cracovia, davanti a centinaia di studenti di Modena assieme ai quali e alla Fondazione Fossoli aveva compiuto il Viaggio della Memoria ad Auschwitz. «Lo shock non è scoprire quanto Eichmann sia simile a noi, ma quanto noi siamo simili ad Eichmann», ricorda Nori. E conclude: la salvezza, il “salvarsi insieme”, è disubbidire all’autorità che offende il nostro senso morale. Ribellarsi agli ordini: «Esattamente il contrario di quel che ci viene insegnato fin da piccoli».