Un pericolo pubblico: l’architetto

Dal preambolo al Codice deontologico dell’architetto: “La professione di Architetto (…) è espressione di cultura e tecnica che impone doveri nei confronti della Società, che storicamente ne ha riconosciuto il ruolo nelle trasformazioni fisiche del territorio, nella valorizzazione e conservazione dei paesaggi, naturali e urbani, del patrimonio storico e artistico e nella pianificazione della città e del territorio, nell’ambito delle rispettive competenze (…) Per poter svolgere al meglio il suo compito, il Professionista ha il dovere di conservare la propria autonomia di giudizio e di difenderla da condizionamenti esterni di qualunque natura. Con la sua firma, dichiara e rivendica la responsabilità, intellettuale e tecnica, della prestazione espressa.”

Competenze non cognitive

Nel gennaio scorso la nostra Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità una proposta di legge mirata «all’introduzione sperimentale delle competenze non cognitive nel metodo didattico». Ma cosa sono queste astruse «competenze non cognitive»? Qualcuno degli oltre trecento deputati che hanno espresso il loro sì ne hanno una qualche vaga idea? Perché la scuola del dopoguerra non si era mai proposta di formare un tipo standard di persona modellata secondo specifiche decise in precedenza come se fosse una macchina.

Architetti gravitazionali

Il 22 maggio è stata inaugurata a Venezia la 17ª Mostra Internazionale di Architettura, che proseguirà fino al novembre e ha per titolo: How will we live together? (Come vivremo insieme?).  «Poniamo questa domanda agli architetti perché non siamo soddisfatti delle risposte offerte dalla politica», ha dichiarato il direttore Hashim Sarkis. L’impressione che se ne ricava è però che molti espositori abbiano usato la Biennale Architettura per presentare un proprio lavoro da artista e che la presenza degli artisti serva a presentare gli architetti come artisti.

Maledetti urbanisti

«Non di rado gli esperti, nella partecipazione al dibattito pubblico, fanno riferimento solo a se stessi, alla propria categoria, alla propria disciplina, parlando una lingua gergale, spesso incomprensibile, spesso vuota di senso, trascurando ogni autentico rapporto con la realtà esterna e la sua complessità.» (Gianrico Carofiglio) L’importanza acquisita nel tempo da certi “operatori dell’urbanesimo” dipende troppo spesso proprio da questo: dal fatto che essi – inconsapevoli o indifferenti alla pericolosità sociale del mestiere di architetto – esistono solo in ragione di se stessi.

Ponti, non muri

Costruire è una magia, i muri non vanno costruiti, i ponti sì e farlo è bellissimo, è un gesto di pace. (Renzo Piano)