San Giovanni in Persiceto, 11 maggio 2019.
Poiché non sono bravo a fare discorsi, ho pensato di leggere una poesia.
È una poesia di Giorgio Caproni; il suo titolo è
Congedo del viaggiatore cerimonioso
Ad Achille Millo
Amici, credo che sia / meglio per me cominciare / a tirar giù la valigia. / Anche se non so bene l’ora / d’arrivo e neppure / conosca quali stazioni / precedano la mia, / sicuri segni mi dicono, / da quanto mi è giunto all’orecchio / di questi luoghi, ch’io / vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare / quel po’ di disturbo che reco. / Con voi sono stato lieto / dalla partenza, e molto / vi sono grato, credetemi, / per l’ottima compagnia. / Ancora vorrei conversare / a lungo con voi. Ma sia. / Il luogo del trasferimento / lo ignoro. Sento / però che vi dovrò ricordare / spesso, nella nuova sede, / mentre il mio occhio già vede / dal finestrino, oltre il fumo / umido del nebbione / che ci avvolge, rosso / il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi / senza potervi nascondere, / lieve, una costernazione. / Era così bello parlare / insieme, seduti di fronte; / così bello confondere / i volti (fumare, / scambiandoci le sigarette), / e tutto quel raccontare / di noi (quell’inventare / facile, nel dire agli altri), / fino a poter confessare / quanto, anche messi alle strette, / mai avremmo osato un istante / (per sbaglio) confidare.
(Scusate, è una valigia pesante / anche se non contiene gran che: / tanto ch’io mi domando perché / l’ho recata, e quale / aiuto mi potrà dare / poi, quando l’avrò con me. / Ma pur la debbo portare, / non fosse che per seguire l’uso. / Lasciatemi, vi prego, passare. / Ecco. Ora ch’essa è / nel corridoio mi sento / più sciolto. Vogliate scusare).
Dicevo, ch’era bello stare / insieme. Chiacchierare. / Abbiamo avuto qualche / diverbio, è naturale. / Ci siamo – ed è normale / anche questo – odiati / su più di un punto, e frenati / soltanto per cortesia. / Ma, cos’importa. Sia / come sia, torno / a dirvi, e di cuore, grazie / per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore, / e alla sua faconda dottrina. / Congedo a te, ragazzina / smilza, e al tuo lieve afrore / di ricreatorio e di prato / sul volto, la cui tinta / mite, è sì lieve spinta. / Congedo, o militare / (o marinaio! In terra / come in cielo ed in mare) / alla pace e alla guerra. / Ed anche a lei, sacerdote, / congedo, che m’ha chiesto s’io / (scherzava!) ho avuto in dote / di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza / e congedo all’amore. / Congedo anche alla religione. / Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento / stridere il freno, vi lascio / davvero, amici. Addio. / Di questo, sono certo: io / son giunto alla disperazione / calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.
da G. Caproni, Poesie. 1932-1986, Garzanti, Milano, 1989