Tra il dire e il fare

Sul Corriere della Sera del 30 giugno scorso Ernesto Galli della Loggia poneva una questione molto semplice: «Sembra venuta l’ora che Salvini e Meloni si chiedano quale reale vantaggio (legittimo, inutile aggiungere…) essi possono sperare di ottenere dal loro ormai pluriennale flirt con regimi come quello ungherese, polacco o russo. Se intendono rappresentare la maggioranza dell’elettorato italiano, credono davvero che tale elettorato possa nutrire grandi simpatie per governi clericali fino al parossismo come quello di Varsavia o per un autocrate prepotente come Orbán? Davvero credono che la maggioranza del loro elettorato sia disposta a mollare l’antico ancoraggio atlantico per correre tra le braccia di Putin, carceriere e avvelenatore dei suoi avversari politici? Ancora: che cosa mai potremmo avere da guadagnare noi italiani, mi chiedo, dal guardare con indulgente simpatia i nazisti di Alternative für Deutschland?

Il segretario della Lega Matteo Salvini ha risposto il giorno dopo sullo stesso giornale: «A noi piace badare al sodo, ma il Corriere si cruccia per fascismo e nazismo che sono stati seppelliti dalla storia. Essere critici con la Ue, quando occorre, non è apologia di nazismo, ma è proprio l’espressione di quella libertà e di quella democrazia che grazie alla sconfitta di tutti i totalitarismi abbiamo ereditato. Questa è l’Europa che mi piace: libera e democratica. Di questa Europa fanno parte a pieno titolo l’Ungheria e il suo popolo, la Polonia e il suo popolo. E il popolo, in un regime democratico, decide i suoi governanti e le proprie priorità.»

Dopo 24 ore (2 luglio 2021) sulle stesse pagine tocca alla presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Lamentandosi del fatto che ancora oggi ci sia chi si ostina a fare “esami del sangue” a Fratelli d’Italia e alla destra italiana, Meloni scrive: «Fratelli d’Italia non ha scheletri nell’armadio, o aspetti opachi da chiarire. La nostra visione e il nostro messaggio sono chiari e trasparenti: essere il movimento dei patrioti italiani. La nostra missione è difendere il nostro interesse nazionale, le imprese e i posti di lavoro italiani, le nostre radici classiche e cristiane. In una diversa Unione Europea, che valorizzi i popoli europei e sia all’altezza delle grandi sfide della nostra epoca. Sempre più italiani ripongono le loro speranze in noi, guardando al futuro. E, alla fine, su questo ci giudicheranno.» La tesi di Meloni è insomma che già nel 1995, con le «tesi di Fiuggi», si condannarono l’infamia delle leggi razziali e la sciagurata alleanza bellica dell’Italia mussoliniana con la Germania nazista.

Esemplare la replica di Galli della Loggia:

«Ho sempre considerato assai poco invidiabile la sorte dei politici italiani i quali, ogni volta o quasi che su un giornale compare una critica nei loro confronti si sentono obbligati a rispondere. Perlopiù dilungandosi in minuziosi quanto grotteschi elogi del proprio operato — come ad esempio ha fatto ieri su queste colonne l’on. Salvini — ovvero arrampicandosi sugli specchi e manipolando o nascondendo la realtà come fa oggi l’on. Meloni.

(…) in politica talvolta le parole non bastano. Alla Le Pen non basta dichiararsi «una vera gollista»: c’è il passato infatti, c’è un passato che parla per lei. Non bastano dunque i documenti o le «tesi di Fiuggi». In certe circostanze per smentire il passato non servono le parole. Servono solo i fatti.

Sa la presidente Meloni (ricordarsene beata lei non può per via dell’età), sa, dicevo, cosa successe a un certo punto nell’Italia degli anni 60? Che alle manifestazioni del Partito comunista o della Cgil cominciarono ad intervenire sempre più spesso gruppi di extraparlamentari di sinistra con i loro slogan rivoluzionari e con il proposito di dare la loro impronta, diciamo così d’impadronirsi di quelle manifestazioni. Bene: sa quale fu la reazione del Pci? Diede istruzioni al suo sevizio d’ordine di allontanarli con le buone o con le cattive. E siccome le buone maniere di rado sono efficaci, in sostanza di menarli.

Non sono metodi eleganti, d’accordo, ma le garantisco che politicamente sono efficaci. Anche alcuni anni dopo la stessa cosa il Pci fece contro il terrorismo che in certo modo tentava la stessa operazione: a Genova un operaio iscritto al Pci, Guido Rossa, denunciò un suo compagno che distribuiva manifestini delle Brigate Rosse, pagando il proprio gesto con la vita. Sono questi i fatti che contano. Vede presidente Meloni: basterebbe che al prossimo comizio lei preghi qualche decina di suoi giovani iscritti di tenersi pronti, e appena arrivano quelli di Forza Nuova o di CasaPound li mandino via. Come immagino che ahimè sarebbe sicuramente il caso nel modo più convincente: a botte. Le assicuro che una cosa del genere avrebbe un effetto politico assai superiore a qualsiasi dichiarazione o ricostruzione storica.» (Corriere della Sera, 2 luglio 2021)

Come dire: a chiacchiere siamo tutti bravi, buoni e giusti. Purtroppo però, come noto, tra il dire e il fare c’è di mezzo… sappiamo cosa. Matteo Salvini (un “politico” capace iniziare il collegamento in diretta – a In onda su la7 il 29 giugno scorso – augurando a tutti un “Buon San Pietro e Paolo”…) e Giorgia Meloni ignorano o fingono di ignorare questa banale realtà. Troppo giovani e inesperti? La verità è che i populisti di di tutti gli orientamenti politici e/o culturali hanno sempre costruito le loro disgraziate fortune proprio grazie a questa “terra di mezzo”. Dice il saggio: le parole non fanno farina; resta il fatto che il loro “tesoro” giace da qualche parte proprio lì. Per cambiare, proviamo una volta tanto a portarglielo via?

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