Come disse al tempo un giovane Michele Santoro presentando Samarcanda: «Perché in Italia ogni tragedia si deve trasfomare in un mistero?»
«La sera del 10 aprile 1991, il traghetto Moby Prince salpa da Livorno diretto a Olbia. Al comando della nave c’è Ugo Chessa, un ufficiale di provata esperienza che ha percorso parecchie volte quella tratta. Dopo pochi minuti di navigazione, la Moby entra in collisione con una petroliera ancorata in rada, l’Agip Abruzzo, infilando la prua dentro una tanica della nave cisterna contenente greggio altamente infiammabile. È una strage: centoquaranta persone muoiono tra le fiamme a bordo della nave passeggeri, la più grande tragedia della marineria civile italiana. Un solo sopravvissuto.
Ma è stato davvero un incidente? Nel corso degli anni sono emersi molti dettagli inquietanti che finiscono per proiettare sui fatti una luce sinistra, alimentando il sospetto che le cose non siano andate come riferito dalle ricostruzioni ufficiali.
«Il mistero Moby Prince», il film documentario di Salvatore Gulisano, prodotto da Simona Ercolani e Stand by me per Rai Documentari (Rai2), cerca di far luce su uno dei troppi misteri del nostro Paese, sull’ennesima strage impunita.
Secondo la ricostruzione ufficiale, stabilita da due sentenze assolutorie e altrettante richieste di archiviazione, la causa dello scontro sarebbe stata «una nebbia fittissima». E non ci fu soccorso perché le vittime morirono pochi minuti dopo la collisione. Caso chiuso. Una verità, quella ufficiale, a cui i parenti delle vittime, in primis i figli del comandante, Angelo e Luchino, non hanno mai creduto, e che li ha portati a lottare in tutti questi anni per fare chiarezza sull’ennesimo «mistero d’Italia» (hanno impegnato tutto quello che avevano, hanno speso più di mezzo miliardo di vecchie lire per rendere giustizia alle vittime).
«Il mistero Moby Prince» è uno di quei documentari che non riesci a smettere di guardare anche se ti gettano nello sconforto. Cosa c’è dietro la «nebbia fittissima», inadeguatezza o malafede?» (Aldo Grasso)
Luigi Di Franco, sostituto procuratore della Repubblica – sul posto il giorno dopo – in una intervista televisiva dichiarò: «La nebbia era veramente enorme, da quello che si è detto…» Ancora una volta si dimostra che la giustizia in Italia non è uguale per tutti; che il principale conflitto sociale è quello tra coloro che questa iniqua realtà tentano di combatterla, da un lato; e coloro che invece si pongono solo il fine di sfruttarla, dall’altro. Con la maggioranza ignava che sta in mezzo fischiettando in attesa del vincitore. Ecco il motivo per cui in Italia ogni tragedia si trasforma in un mistero: perché la nebbia omertosa, qui da noi, è da sempre “veramente enorme”.